Un anno e 4 mesi alla Franzoni: ha calunniato un vicino di casa

Un anno e quattro mesi è la pena inflitta ad Annamaria Franzoni per calunnia al termine del processo Cogne Bis. La donna, che sta scontando a Bologna la condanna definitiva a 16 anni per l’uccisione del figlioletto Samuele, è stata riconosciuta colpevole «in concorso con altri» (così il capo d’accusa) per la denuncia, depositata il 31 luglio 2004 dal suo difensore dell’epoca, Carlo Taormina, in cui, a distanza di più di due anni dall’omicidio e di qualche giorno dalla sentenza di condanna di primo grado, si invitavano gli inquirenti a indagare sul conto del vicino di casa Ulisse Guichardaz. Al processo era stato chiamato in causa un secondo imputato, il fotografo svizzero Eric Durst, che partecipò, nel luglio del 2004, insieme ad altri collaboratori dell’avvocato Taormina, a un sopralluogo nella villetta: sua fu un’impronta digitale lasciata su uno stipite che in un primo tempo la difesa aveva presentato come uno degli indizi che potevano scagionare la Franzoni. Durst ha detto di essersi appoggiato al muro inavvertitamente. Per lui la condanna è a otto mesi con la condizionale. Nella stessa sentenza contro la Franzoni, il giudice ha anche disposto il dissequestro della villetta dove nel gennaio del 2002 fu ucciso il piccolo Samuele.

No comment dal marito, Stefano Lorenzi, che ai giornalisti ha detto: «Preferisco non parlare, ormai è da tanti anni che tengo questa linea». «Siamo curiosi - ha detto invece Paola Savio, l’avvocato della Franzoni - di leggere le motivazioni. La sentenza di oggi non ci dice nulla di più rispetto a prima. Avrebbe colpito, certo, un’assoluzione».

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