Anselmo Polanco Fontecha e Felipe Ripoll Morata

Lo spagnolo Anselmo Polanco Fontecha, classe 1881, era di Palencia ed entrò tra gli agostiniani di Valladolid nel 1896. Nel 1904 fu ordinato sacerdote. Ricoprì diverse cariche nel suo ordine, passando da priore del convento di Valladolid a provinciale delle Filippine. Nel 1935 il papa Pio XI lo fece vescovo di Teruel. L’anno seguente scoppiò la guerra civile e Teruel rimase nel settore nazionalista. Ma i repubblicani la assediarono e, dal momento che l’occupazione era molto probabile, sapendo quel che facevano i rojos ai preti, al vescovo venne consigliato di scappare finché era in tempo. Ma il Fontecha non se la sentì di abbandonare il suo popolo. Scrisse, anzi, una vibrata lettera pastorale (e, con questa, la sua condanna a morte). Ai primi di gennaio del 1938 la città si arrese e il vescovo venne arrestato dai vincitori. Lo portarono prima a Valencia e poi a Barcellona, sempre tenuto in carcere. Il suo vicario, monsignor Felipe Ripoll Morata, nato a Teruel, seguì il vescovo, di cui era coetaneo, in tutta la prigionia e il loro caso suscitò clamore internazionale.

Molte voci si levarono per ottenere la loro liberazione ma i repubblicani misero come condizione che il vescovo disconoscesse la lettera che aveva scritto e ritirasse la sua firma da quella collettiva con cui l’episcopato spagnolo aveva condannato i massacri di cattolici. Polanco Fontecha rifiutò anche l’esilio in Francia. Lui e il suo vicario vennero fucilati il 17 febbraio del 1939 al Pont de Molins. Giusto poche settimane prima che i nazionalisti vincessero la guerra.

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