Milano - E adesso che mancano una manciata di ore alla sentenza, anche il pubblico ministero ha paura. Nel tardo pomeriggio di oggi, quando il tribunale presieduto da Francesca Vitale leggerà (se i programmi verranno rispettati) il verdetto del processo Mills, non sarà solo Silvio Berlusconi a venire giudicato. La sentenza, qualunque essa sia, costituirà di fatto un giudizio anche sull’operato del pubblico ministero Fabio De Pasquale, che a questa e altre inchieste sul Cavaliere ha dedicato quasi per intero gli ultimi dieci anni della sua vita professionale. E che vive con comprensibile tensione la vigilia. Ha dato la caccia a reati vaghi ed estinti, come sostiene la difesa? O ha perseguito con tenacia crimini concreti dimostrati da prove concrete?
Come spesso accade agli esseri umani nei momenti decisivi, a De Pasquale è venuto all’improvviso il timore di avere dimenticato qualcosa. Di avere lasciato, nel vasto quadro del processo, un dettaglio irrisolto: un particolare apparentemente irrilevante, ma che - in queste ore febbrili - al pm deve essere saltato agli occhi con grande evidenza. Così De Pasquale, con una mossa assai inconsueta, ha depositato in extremis una memoria scritta al tribunale: tre pagine appena, arrivate ai giudici dopo l’ultima udienza e notificata anche a Piero Longo e Niccolò Ghedini, i difensori del Cavaliere. Tre pagine per affrontare un solo problema che potrebbe inabissare tutto il processo all’ex presidente del Consiglio: un dettaglio di cui si era parlato solo di sfioro, nei due anni di processo, e che nella sua requisitoria del 15 febbraio De Pasquale non aveva neanche toccato.
Si tratta di un passaggio solo apparentemente tecnico. Berlusconi è accusato di avere corrotto l’avvocato David Mills, ricompensandolo con seicentomila dollari dopo che aveva mentito alla Procura di Milano quando era stato interrogato come testimone sui conti offshore della Fininvest. Peccato che di quei conti proprio Mills fosse il creatore. E che quindi, secondo i legali di Berlusconi, avrebbe dovuto essere indagato fin dall’inizio anche lui, come avvenne solo molti anni dopo. Se Mills non era un testimone, non aveva l’obbligo di dire la verità. E quindi il reato contestato a Berlusconi rischia di dissolversi.
Per scongiurare questa prospettiva - che deve essergli apparsa all’improvviso meno improbabile di quanto l’aveva considerata finora - De Pasquale si è precipitato a depositare la nuova memoria. In cui arriva persino a sconfessare l’operato di un proprio consulente e di un proprio investigatore, che nel novembre 1997 interrogarono Mills alla presenza del difensore di fiducia: come avviene per gli indagati, e non certo per i testimoni. «Scelta atecnica», la liquida De Pasquale, e cita il caso di un interrogatorio cui assistè il papà del testimone, e che venne ugualmente ritenuto valido: ma è chiaro che non è la stessa cosa.
Dettagli procedurali, si dirà. Ma che testimoniano la tensione di queste ore e il valore della posta in gioco. La Procura, questa è la sostanza, non si accontenta di un proscioglimento di Berlusconi per prescrizione, che sancirebbe la colpevolezza del Cavaliere ma prenderebbe atto dell’inesorabile scorrere del tempo e dell’inevitabile estinzione del reato. Il lavoro di De Pasquale non uscirebbe sconfessato da una sentenza di questo tenore. Ma al pm non basta, punta ad una condanna con formula piena dell’ex premier. E però, man mano che si avvicina l’ora X, diventa sempre più inverosimile che il tribunale possa dare alla Procura questa soddisfazione.
Tutti i calcoli fatti finora dal tribunale milanese collocano la prescrizione del reato tra il 13 gennaio e il 18 febbraio: in ogni caso, insomma, siamo fuori tempo massimo.
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