Sono giorni che i più stretti collaboratori di Berlusconi sono alle prese con i due interventi che il Cavaliere terrà al congresso fondativo del Popolo della libertà. Il primo oggi e il secondo domenica, quando arriverà l’investitura ufficiale a presidente del Pdl per alzata di mano. La linea, dunque, è sostanzialmente tracciata anche se ancora ieri sera alle dieci e passa a Palazzo Grazioli Berlusconi era intento a correggere e limare.
Il discorso di oggi, almeno nelle previsioni, doveva essere tutto concentrato sul percorso che dal ’94 ad oggi ha portato alla nascita del Popolo della libertà. Un excursus che parte dai primi passi di Forza Italia («la discesa in campo»), passa per le tappe fondamentali del cammino di Berlusconi (dalla cosiddetta «traversata nel deserto» alla spallata del 2008) e si chiude con la rivendicazione di un bipolarismo che è ormai nei fatti e che potrebbe anche indirizzarsi sulla strada del bipartitismo. D’altra parte, farà presente il premier, «sono gli italiani che alle ultime elezioni hanno deciso di concentrare il loro voto su due soli partiti» e sono sempre loro ad aver decretato l’uscita dal Parlamento di alcune forze politiche. Ha scelto il popolo, insomma. Come è sempre stato il popolo - parola che tornerà spesso - a scegliere sia il 2 dicembre del 2006 in piazza San Giovanni sia il 18 novembre 2007 in piazza San Babila. Da qui il «Popolo della libertà». Che, sottolineerà il Cavaliere davanti ai vertici del Ppe presenti oggi alla Fiera di Roma, «si inserisce a pieno titolo nella tradizione e nei valori del Partito popolare europeo».
Ma oggi Berlusconi potrebbe dilungarsi anche sul ruolo dell’opposizione. Per dire che l’unica novità degli ultimi anni è stata «una mutazione terminologica», l’aver sostituito la parola «comunisti» con «democratici» restando nei fatti «un blocco in tutto e per tutto a favore della conservazione». Un modo per tracciare la differenza con quello che sarà il Pdl, ma pure per rispondere a Gianfranco Fini dopo l’ultima querelle di ieri sulla quale Berlusconi è assolutamente convinto di essere stato frainteso. Criticare l’opposizione, infatti, è un terreno su cui il presidente della Camera non andrà mai e che regalerà al premier gli applausi soddisfatti della Fiera di Roma. Con questo centrosinistra - dovrebbe essere il senso del suo ragionamento - non è possibile alcun dialogo.
Di certo, non sarà un discorso breve. Perché se anche le 40 cartelle che ieri pomeriggio erano nella solita cartellina di pelle del Cavaliere dovessero essere snellite in nottata, Berlusconi dovrebbe comunque arrivare a parlare un paio d’ore. Con toni non da comizio, assicurano a via del Plebiscito, anche se il premier non si farà mancare battute e aneddoti.
Sarà diverso, invece, l’intervento di domenica. Più breve e tutto rivolto al futuro e ai giovani.
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