Antonio Primaldo & C.

Il sultano Mehemet II non era riuscito a prendere Belgrado grazie a s. Giovanni da Capestrano. Ma non demordeva. Pochi anni dopo, nel 1480, una flotta turca al comando di Achmet pascià sbarcò a Otranto per aprire la via per Napoli (e poi Roma) all’invasione. Ma la città oppose una durissima resistenza che durò due settimane. Alla fine i turchi riuscirono a entrare e si abbandonarono al massacro. Molti otrantini, soprattutto donne e bambini, si erano rifugiati nella cattedrale, dove l’arcivescovo, l’ottantaquattrenne Stefano Pendinelli, celebrava la messa. I turchi sfondarono le porte della chiesa e uccisero tutti. Quando tutto fu finito, Achmet pascià ordinò che gli venissero condotti tutti i maschi dai quindici anni in su sopravvissuti. Ne erano rimasti ottocentotredici. Il capo musulmano, in un impeto di generosità, offrì loro salva la vita se avessero consentito di passare all’islam. Dopo essersi guardati in faccia l’un l’altro, rispose per tutti loro il sarto Antonio Pezzulla, detto Primaldo, e disse che non avevano alcuna intenzione di rinnegare Cristo. Così, vennero spogliati e incatenati, poi condotti sulla vicina collina della Minerva. Il Primaldo fu il primo ad essere decapitato ma il suo corpo rimase miracolosamente in piedi fino all’ultima esecuzione, poi stramazzò.

Al vedere quel prodigio uno dei carnefici, tal Berlabei, rimase così sconvolto da mettersi a gridare che voleva farsi cristiano. Subito lo impalarono. I corpi dei martiri rimasero insepolti per tredici mesi. Quando le truppe del re di Napoli finalmente arrivarono, li trovarono incorrotti.

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