Puntualmente ogni anno, tra lautunno e linverno, mi arriva un libro di Antonio Spinosa, amico caro e collega, entrato ormai da almeno ventanni nel Gotha degli storici. Tra gli storici più popolari, direi, ricercatore appassionato e rigoroso, che affida sempre i suoi scritti a un esame minuzioso delle fonti. Una passione che lo ha portato a scavare nella storia di Roma (Cesare, Tiberio, Augusto, Cleopatra), delletà napoleonica (Murat, Paolina Bonaparte, Napoleone, Maria Luisa dAustria), dellItalia moderna (DAnnunzio, Vittorio Emanuele II, Mussolini, Edda, Starace, Pio XII) oltre a La saga dei Borgia, Hitler, Churchill e saggi vari. Bisogna avere letto almeno alcuni suoi libri per annoverare Spinosa tra i nostri migliori divulgatori della storia. E del resto eccone una prova ulteriore nel suo ultimo prodotto: La grande storia dellEneide, che Mondadori pubblica, come sempre, nella prestigiosa collana Le scie (pagg. 266, euro 18).
È uninterpretazione dellEneide che si distingue per stile di scrittura e ricerca letteraria e storiografica. Un testo appassionante che ci permette una rilettura dellopera del poeta mantovano trasformata in poderoso e affascinante romanzo. Muovendosi tra storia e leggenda, impegnato in una ricerca attenta e scrupolosa, lautore riesce a dare perfino una certa modernità allopera virgiliana: lavventura degli «Eneadi», il loro peregrinare affannoso e doloroso per le terre e le acque del Mediterraneo fanno pensare davvero - come Spinosa annota nella sua prefazione (Perché oggi lEneide) - i «moderni migranti alla ricerca di una vita migliore e di un futuro più prospero».
La narrazione spinosiana coinvolge e trascina. Quel poema nazionale dellantica Roma - che Virgilio scrisse su commissione di Augusto e che sottopose a rifinitura e perfezionamento storico e mitologico con un lungo viaggio in Grecia (dove si ammalò e ne morì al ritorno dopo tre anni a Brindisi, a 51 anni) - si trasforma per la penna di Spinosa in una composizione avventurosa, in cui si intrecciano passioni, amori, intrighi, duelli, avversità naturali. LEneide scaturisce dalluniverso omerico celebrato nellIliade e nellOdissea - lIliade è il trionfo delle armi e degli eroismi tra bagni di sangue; lOdissea è il travagliato ritorno a casa degli eroi, tra sofferenze e peripezie - e costituisce un inno alla romanità, creatrice di valori universali, nel quale il poeta delle Bucoliche e delle Georgiche innerva una invocazione alla pace, allamore e alla pietas.
Spinosa simpegna nella ricerca di fonti e dati storici. È esistita Troia e quando fu distrutta? Certamente più di tremila anni fa, oltre mille prima di Cristo. Ricerche puntigliose e rigorose, quelle dellautore. Cita Schliemann, larcheologo tedesco che nel 1871 mise in luce le rovine di Troia presso il villaggio di Hissarlik in Turchia, la cui fondazione viene attribuita dalla mitologia a Dardano, proveniente dalla bellissima isola egea di Samotracia (dove fu rinvenuta la celebre Nike che si trova al Louvre e che Marinetti, in una sua locuzione futuristica, rese famosa come una delle opere darte classiche più belle). La narrazione è scandita e impreziosita da citazioni latine e letterarie, ricorrendo a testimonianze di grandi nomi della letteratura. Non cè che da scegliere: Ovidio, Tito Livio, Orazio, Ariosto, Tasso, Shakespeare, Metastasio, Leopardi fino ai moderni Saba e Ungaretti, e altri ancora, attestazioni della profondità dellindagine svolta dallautore in preparazione alla riscrittura dellEneide.
Vale qui la pena riportare i primi sette versi virgiliani: «Armi canto e luomo che primo dai lidi di Troia / venne in Italia fuggiasco per fato e alle spiagge / lavinie e molto in terra e sul mare fu preda / di forze divine, per lira ostinata della crudele Giunone, / molto sofferse anche in guerra, finchebbe fondato/ la sua città, portato nel Lazio i suoi dei, donde il sangue/ Latino e i padri Albani e le mura dellalta Roma».
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