da Milano
Basta un attimo e lui confessa: «Mi piace più questo disco del primo». E così, appena dopo aver cantato le dodici canzoni del concertino di ieri sera al Blue Note, Mariano Apicella battezza il suo nuovo ciddì Lultimo amore, quattordici brani inediti scritti, come recita diligente il comunicato stampa, «su testi di Silvio Berlusconi». Non fosse per lorchestra di Demo Morselli, i suoi undici elementi più due coristi che accompagnano il concerto, Mariano Apicella si sentirebbe come a un concertino allombra del Vesuvio. Lui, abito nero e parola svelta. Le canzoni, romantiche e sognanti, quasi sempre appese al sottile filo rosso che lega lamore con la gelosia e il dolore. «Con Berlusconi facciamo le canzoni ma non le cantiamo. Non labbiamo mai fatto, anche perché persino nelle serate amichevoli bisogna pregarlo, Berlusconi, per farlo cantare, altro che», dice Apicella appena sceso dal palco. E poveraccio anche questo cantante che ha pagato il suo destino fortunato con lo scotto di dover sempre rispondere della «colpa, grandissima colpa» di collaborare con lex primo ministro che ha la passione per la musica. Era un parcheggiatore, Apicella, un signore qualsiasi perso tra le macchine e ora è qui, nel club più bello dItalia a suonare le sue nuove canzoni. «Qualcuno sottolinea mai che anche Michael Bublè è stato scoperto dal primo ministro canadese?», implora lui con un pizzico di orgoglio. E fuori da ogni polemica, il suo è stato un concerto più che dignitoso, serenamente traballante tra melodia e ritmo, tutto senza troppo impegno per carità, giusto il tempo di divertirsi. E così, mentre sulla platea del Blue Note sfilano Emilio Fede, Aida Yespica e una pupa del reality show della Panicucci, lorchestra di Morselli e la voce di Apicella saltano tra la rumba e la ballata, tra litaliano e il dialetto. «Ma voi lo sapete dice lui con quellaccento tipico della Napoli vecchia che una volta Berlusconi si è messo a spiegare il nostro dialetto ad alcuni giovani napoletani che non lo conoscevano?». Strana sintonia tra questi due. «Lei ci crede che non lo vedo da un mese? Quando era al governo, tutte le settimane. Ora no. Scriveva più testi quando era a Palazzo Chigi, ma ora ci mette più ironia». E forse questa battuta risponde alle domande di chi cerca, tra le parole delle canzoni, significati politici nascosti, allusioni alle alleanze con Casini o Bossi, intenti riparatori dopo la sconfitta elettorale. «Quando scriviamo canzoni, scriviamo canzoni damore, mica facciamo come Guccini» dice lui, che poi annuncia: «Oltre ai 14 brani di Lultimo amore, ce ne sono altri scritti con Berlusconi che però sono rimasti fuori dalla scaletta. Voglia di te o Bella, bella, bella entreranno nel prossimo cd».
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