Appello del cardinale: «E ora riconciliazione per tutti i caduti»

Ieri in Sant’Ambrogio la messa per le vittime dei conflitti Nell’omelia Tettamanzi le ha commemorate senza distinzione

Il sacrario di largo Gemelli è lì, a un passo da Sant’Ambrogio. Nella basilica, come ogni anno, il cardinale Dionigi Tettamanzi celebra la messa per i caduti di tutte le guerre. In prima fila c’è Letizia Moratti, il sindaco che ha proposto un luogo della memoria comune per tutti i morti della guerra civile, partigiani e combattenti della Repubblica di Salò. Quel luogo potrebbe essere proprio il sacrario di largo Gemelli e così le parole dell’arcivescovo sull’importanza della «riconciliazione» scendono dal pulpito e camminano verso la storia del Paese e la sua sempre difficile attualità. «Siamo qui per commemorare tutti, e sottolineo tutti, i defunti - dice Tettamanzi nell’omelia -. Il nostro ricordo va ai caduti di tutte le guerre, nostre e altrui, a chi ha donato la vita per la crescita e l’ordine del nostro Paese e degli altri». Nel pomeriggio, al cimitero Maggiore, l’appello è ancora più esplicito: «Cadano dappertutto queste frammentazioni e queste contrapposizioni. Tutti i defunti hanno bisogno di essere commemorati perché tutti hanno bisogno dell’amore di Dio».
Le celebrazioni dell’arcivescovo Tettamanzi per il 2 novembre sono state tre: dopo Sant’Ambrogio e la messa al Cimitero, la cerimonia in Duomo. Il cardinale non vuole essere coinvolto nelle polemiche politiche, nel dibattito sui morti fascisti e i caduti della Resistenza e sul modo migliore per commemorarli. Ma è un fatto che le sue prediche chiedano «riconciliazione» e risuonino fortemente diverse dalle parole pronunciate il giorno precedente proprio al Cimitero Maggiore da monsignor Gianfranco Bottoni, convinto che per evitare «un relativismo della memoria» i morti non possano essere posti tutti sullo stesso piano.
Lo sguardo di Tettamanzi corre all’indietro e in alto: «La nostra storia ha un suo passato ed è saggezza ricordarlo, rilanciando l’impegno nel servire contro la deriva dell’egoismo individualistico». Al cimitero, agli oltre mille fedeli che si accalcano davanti a Santa Maria della Pietà, la cappella funeraria di Musocco, ricorda come sia importante superare divergenze e divisioni: «La Chiesa ci invita a ricordare tutti i defunti, non solo i nostri cari. I giudizi storici sono soggetti al relativismo, il vero giudizio non è quello dato da uomini su altri uomini ma quello dato da Dio». Insomma, nel giorno dei morti lo spirito critico è chiamato a tacere e non si possono fare differenze tra buoni e cattivi.
L’omelia dell’arcivescovo è anche un’analisi della società che vive come se la fine non esistesse. All’uomo d’oggi - dice Tettamanzi - rischiano di risultare incomprensibili persino le parole del Cantico delle Creature, dove San Francesco loda «mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare». Tutt’altra la sensibilità diffusa adesso: «La cultura nella quale siamo immersi preferisce il silenzio sulla morte: non si interroga sul suo significato. La cultura oggi dominante vuole censurare la morte, ci chiude gli occhi, in modo da non farci porre ai noi stessi la domanda: che senso ha la morte? Quale significato ha la vita di tutti i giorni?». Domande che la religione cattolica non lascia senza risposta e l’arcivescovo ne elenca tre, tre messaggi che la morte comunica ai credenti: «Il primo messaggio è che morire non è andare verso il vuoto, è un passaggio, un transito verso la pienezza e il tutto, verso la comunione con Dio».

In secondo luogo, aggiunge il cardinale, la morte «ci rivela il valore dell’esistenza quotidiana e la necessità di fare di questa vita un dono nell’amore per gli altri». Il terzo messaggio è il più difficile: «La morte è per la vita eterna. Anche il Signore Gesù è morto per noi, con un amore disinteressato e puro».

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