RomaCè soltanto un chilometro che separa il Vaticano dal Tempio Maggiore della comunità ebraica di Roma. Un chilometro che negli ultimi tempi è sembrato dilatarsi, approfondendo le differenze. Benedetto XVI lo percorre accorciando nuovamente le distanze e aprendo la strada al disgelo: la novità principale è lagenda comune che il vescovo di Roma e il rabbino capo hanno individuato. Il Papa si è presentato in Sinagoga come lumile successore dellebreo Pietro, nel giorno del Moèd di Piombo, lacquazzone che spense le fiamme appiccate alle porte del ghetto nel 1793 dal popolino romano convinto che tutti gli ebrei proteggessero i sostenitori delle idee rivoluzionarie francesi. Appena sceso dallauto Ratzinger sosta davanti alla lapide che commemora i 1.021 deportati del ghetto di Roma nellottobre 1943. Solo in 17 poterono tornare a casa. Poi viene salutato da un uomo simbolo del dialogo, il rabbino Elio Toaff, che nel 1986 accolse Papa Wojtyla. Un altro momento della memoria è la visita al monumento che ricorda Stefano Taché, il bimbo di due anni ucciso nellattentato dei terroristi palestinesi fuori della Sinagoga nellottobre 1982. Il Papa saluta i familiari di Stefano, e i feriti sopravvissuti.
In Sinagoga, il vescovo di Roma è accolto dal canto del Salmo 126, «Coloro che seminano nelle lacrime raccoglieranno con giubilo», e poi con vari e ripetuti applausi. Dentro lo attendono più di mille persone. In prima fila ci sono il presidente della Camera Fini, il sindaco Alemanno, il sottosegretario Letta. Sinizia con un minuto di silenzio per i terremotati di Haiti. Poi prende la parola il presidente della comunità di Roma, Riccardo Pacifici, che cita le persecuzioni subite oggi dai cristiani in molti Paesi e lancia un allarme sul «fondamentalismo islamico» e sui propositi degli Stati - il riferimento è allIran - che programmano la distruzione dIsraele. Pacifici, pur ricordando commosso di aver avuto salva la vita grazie ad alcune suore fiorentine e rendendo onore ai «numerosi religiosi si adoperarono, a rischio della loro vita», per salvare gli ebrei, non rinuncia a un affondo polemico su Pio XII, il cui «silenzio di fronte alla Shoah - dice - duole ancora come un atto mancato». E chiede infine «che gli storici abbiano accesso agli archivi del Vaticano».
Di tuttaltro tono è lintervento del rabbino capo Riccardo Di Segni, che non cita direttamente Pacelli, pur affermando che «il silenzio delluomo ci sfida e non sfugge al giudizio». Di Segni ricorda che «sono le aperture del Concilio che rendono possibile» il rapporto tra cristiani ed ebrei: «Se venissero messe in discussione non ci sarebbe più possibilità di dialogo». Un modo per chiedere al pontefice la rassicurazione che il dialogo con i lefebvriani non segnerà passi indietro rispetto al Vaticano II.
Il rabbino capo, però, guarda avanti, alle «visioni condivise» e agli «obiettivi comuni che devono essere messi in primo piano», proponendo al Papa un lavoro in difesa dellambiente, della santità della vita, della libertà, della pace. Un impegno che coinvolga ebrei, cristiani e musulmani. Quando finalmente Benedetto XVI, seduto a fianco del rabbino capo, prende la parola, rievoca lo storico gesto di Wojtyla, più volte citato e lungamente applaudito anche negli interventi precedenti, assicurando di voler «confermare e rafforzare» il cammino da lui tracciato e manifestando la «stima e laffetto» della Chiesa per gli ebrei. Ratzinger spiega che il Concilio è «un punto fermo a cui riferirsi costantemente nellatteggiamento e nei rapporti con il popolo ebraico» e che il cammino di dialogo iniziato è «irrevocabile». Cita quindi i passi più significativi in questo senso avvenuti sotto il suo pontificato, dalle visite alle Sinagoghe di Colonia e New York, al viaggio in Terra santa. E afferma: «La Chiesa non ha mancato di deplorare le mancanze di suoi figli e sue figlie, chiedendo perdono per tutto ciò che ha potuto favorire in qualche modo le piaghe dellantisemitismo e dellantigiudaismo».
Ricorda con parole commosse il «dramma sconvolgente» della Shoah e la tragedia degli ebrei romani e, pur senza nominare Pio XII, fa un accenno allopera da lui svolta: «La Sede apostolica svolse unazione di soccorso, spesso nascosta e discreta».
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