Aprire una cittadella regolare per i giovani? A Busto è un’odissea burocratica (e ideologica)

I ragazzotti di torre Galfa occupano, se ne fregano di permessi, tasse e regole. E vengono pure applauditi dai radical chic, passando per quelli che organizzano iniziative per coinvolgere i giovani. Chi invece cerca di operare nella legalità, rispettando anche il più piccolo cavillo burocratico, rischia di non veder mai realizzati i progetti e deve fare i conti con pregiudizi politici e diffidenza.
È il caso della fondazione Blini di Busto Arsizio, comune in provincia di Varese. L’idea c’è ed è valida: costruire una comunità dei giovani, con laboratori teatrali, di scrittura, sale prove per le band emergenti, spazi per i writers, info point per i ragazzi che cercano lavoro, uffici in affitto, sale conferenze. Un punto di riferimento importante per chi vive in provincia. La «cittadella» sarebbe aperta a tutti, a prescindere dalle idee politiche. E fin d’ora i ragazzi della fondazione spronano la città e le associazioni a lavorare assieme per realizzare qualcosa che serva a tutti. Insomma, si tratta di un progetto serio, ben diverso dalla provocazione messa in scena dagli antagonisti nel grattacielo occupato.
Eppure sull’iniziativa pendono ancora parecchi pregiudizi. La proposta arriva infatti da un gruppo di giovani da sempre accusati di essere troppo vicini alla destra, da sempre etichettati come «fascisti», scomodi, pericolosi. Ecco, pericolosi forse sì: ma solo perché hanno il coraggio di non mollare, di portare avanti il sogno di una comunità giovanile. Giovanni Blini, che fu l’ideatore della città dei giovani (di tutti i giovani) e che dà il nome alla fondazione, è scomparso vent’anni fa. Ma il suo sogno non si è dissolto. In tutti i modi i giovani della fondazione cercano di far capire alla città che è ora di smetterla con certi pregiudizi e che non ha più senso puntare il dito contro. Nei fatti però, non fanno in tempo ad organizzare un’iniziativa per celebrare la liberazione del 25 aprile che subito vengono criticati. Come a dire che la liberazione è solo di alcuni.
E pensare che la cittadella dei giovani non peserebbe sui bilanci pubblici, no. Avrebbe spazi da affittare ai privati, temporary shop a rotazione e sarebbe in grado nel tempo di autofinanziarsi. Senza fregarsene di tasse e bollette: quelli della comunità di Giovanni non sono tipi che occupano.

Eppure vengono penalizzati e il Comune non arriva mai a un dunque, a un via libera definitivo. La sfida è rendere reale il progetto già messo a punto dall’architetto Lorenzo Bocca del gruppo Angular, trasformando il liceo artistico di piazza Trento nel polo giovanile. Nella legalità.

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