Ma gli arbitri fischiano solo se parla Collina?

Tredici espulsi fra cui due allenatori, cosa succede? Gli arbitri sono rinsaviti? Oppure sono solo scolaretti un po’ ottusi? C’è il rischio che la seconda soluzione sia quella giusta. Non deve essere un caso che l’alluvione di cartellini gialli e rossi sia arrivata dopo l’ignobile sceneggiata della settimana scorsa fra Totti e l’arbitro Rizzoli.
Probabilmente non è un caso che Gussoni abbia calcato i toni contro l’arbitro di cui sopra e che Collina sia stato costretto ad intervenire per spiegare e rispiegare a ottusi, zucconi o labili di memoria i principi fondamentali del regolamento scritto e, forse, non scritto. Viste, soprattutto, le regole dure e punitive previste dall’Uefa per gli europei.
Ma tutto questo non è una buona notizia. Significa che in un anno in cui agli arbitri è stato concesso di sbagliare senza pensar male, o quasi, la raccolta è grama e la semina deprimente. Se è necessario un intervento di Collina per spiegare regolamento e comportamento, ne consegue che scarsa esperienza e gioventù sono alibi. Perché, invece, sono triste realtà: scarsa personalità, difficoltà intuitive, cattivo posizionamento, errori grossolani per incapacità interpretativa, eccesso di zelo e talvolta sudditanza, oltre al solito protagonismo (ma questo piace soprattutto a Farina). In sintesi: gli arbitri sono scarsi e i segnali di miglioramento minimi. L’arbitro, inteso come personalità con tanto di fischietto, viene divorato da qualcosa più grande di lui ed esaltato nella sua mediocrità. Per assurdo, sarebbe meglio cancellare tutti i loro cognomi dai tabellini. Per dimostrare che il problema non è dei singoli, ma di un gruppo.
Ieri è stato un festival: rigori veri, qualcuno mal interpretato, e una serie di espulsioni a raffica, talune sorprendenti per tempestività. A Parma, l’arbitro ha visto rigori molto discutibili e deciso quattro espulsioni (Falcone e Gargano per una zuffa, Gasbarroni, Mariga oltre a Reja allenatore del Napoli). Fra Cagliari ed Empoli due espulsi (Fini e Pisano), fra Sampdoria e Udinese altri due (Zapotcny e Marino allenatore dell’Udinese), uno per Siena-Genoa, (il genoano De Rosa) e uno in Fiorentina-Palermo (doppio giallo per Rinaudo). Due, infine, in Catania-Lazio (Zauri e Dabo), ma con Delio Rossi malignamente capace di trarre la morale che il duo Rizzoli-Totti ha messo sulla lingue di tutti: «Se Dabo ha detto qualcosa all’arbitro l’espulsione è giusta, ma ormai si è creato un precedente. Se le regole ci sono, è giusto vadano rispettate. Sempre». E così non è stato.


Però in tutto questo sfavillare di decisionismo e tolleranza zero, affiora un’altra considerazione: non è la prima volta che gli arbitri, dopo una ramanzina del loro allenatore, mostrano occhio di falco, interpretazione più ferrea del regolamento e magari ci prendono nettamente meglio rispetto alla settimana precedente. Se prima poteva essere un caso, adesso è diventato un vizio. Anzi una colpa. In fondo Moggi era utile: se gli arbitri facevano la figura dei fessi era tutta colpa sua. Adesso è colpa loro e di chi li addestra.

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