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Arbitri giovani, ma anche non vedenti

Se c'è una cosa che davvero non si può più accettare, tra le tante ipocrisie del calcio, è questo luogo comune di chiaro stampo veltroniano-buonista: gli arbitri possono sbagliare, i loro errori fanno parte del gioco, e comunque l'arbitro non può decidere il risultato.  A questo ragionamento antico, gli scandali più recenti ne hanno aggiunto uno freschissimo, subito attecchito tra le anime belle e i ruffianoni del giro.  Risentiamolo: dopo Moggiopoli, la classe arbitrale sta puntando tutto sui giovani, chiaro però che va dato tempo e che bisogna accettare gli errori.  Almeno, si aggiunge, adesso sono in buona fede. Vogliamo dirlo?  Questi ragazzi saranno pure in buona fede - vai a sapere -, ma hanno decisamente rotto l'anima.  Non si tratta di fomentare la violenza - i violenti non hanno più bisogno dell'arbitro, per violentare -, ma di preoccuparsi seriamente per l'attendibilità e la serietà del calcio.  Se passiamo sopra a tutto, incassiamo tutto, perdoniamo tutto, davvero finiamo per concedere un alibi colossale alla premiata categoria, che già non difetta di autostima e megalomania, che già si crede infallibile come nostro Signore, e che quindi sempre meno si sentirà indotta a migliorare, nonché ad accettare strumenti e tecnologie come succede in altre discipline. Purtroppo, dopo Moggiopoli non si riesce più ad affrontare serenamente il discorso, perché la seconda repubblica arbitrale si è ritagliata una comoda zona franca, di impunibilità e di insospettabilità, che può portare soltanto a un risultato: lassismo, pigrizia, ignavia.  A sedersi, a non mettersi mai in discussione.  A non rischiare mai il posto. Raccontiamolo all'Atalanta - restando all'ultimo turno feriale - che i giovani arbitri vanno capiti, aiutati, compresi.  Certo l'Atalanta e la Reggina, o l'Ascoli e il Siena, non sono Inter e Milan, o Roma e Lazio, ma non è che i problemi siano seri o trascurabili a seconda degli interessi toccati.  Il principio è principio.  Rimetterci una posizione Uefa o la serie A, per certi club, è tremendo quanto perdere lo scudetto.  Vedi il discorso sul fallo di mano, una di quelle piaghe facilmente sanabili con la moviola a bordo campo, se non suonasse lesa maestà.  Esempio Atalanta: a Parma rigore contro per una pallonata in pancia a Loria, a Verona niente rigore a favore dopo che un difensore del Chievo devia il cross in stile Buffon, ieri rigore contro per un'altra pallonata in pancia a Talamonti.  Basta fare due conti, per capire come cambi la classifica di una squadra soggetta a queste simpatiche sviste.  L'errore è umano, nessuno lo discute: ma qui non sembra più un problema di valutazioni, alle volte sembra un puro problema di etilometro. Sarebbe educativo sapere che ne dice il suscettibile capo arbitrale, signor Gussoni.  Conoscendo il personaggio, conoscendo la tradizione della lobby, la risposta è prevedibile: Atalanta e Reggina, e tutte le derelitte come loro, possono stare tranquille, perché alla fine gli errori si bilanciano.  Come no.  Peccato che da qui alla fine non resti poi molto tempo.

 Per bilanciare davvero certi impiastri, si può solo chiedere di arbitrare a qualche non vedente.

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