Archeologia, una «bufala» l'immagine di Cristo nei Codici giordani

Lo scrittore cattolico Vittorio Messori: «I 70 documenti trovati in Giordania sono stati prodotti 50 anni fa. Il falsario, uno dei tanti del Medio Oriente, non sapeva neppure il greco e ha confuso le lettere»

I codici che sarebbero stati trovati in Giordania, dati per risalenti al primo secolo avanti Cristo e contenenti anche un'immagine di Gesù Cristo e resoconti sulla sua vita e la sua morte «sono una bufala, un falso prodotto in Giordania meno di 50 anni fa». E la presunta immagine del Nazareno, incisa su una copertina bronzea «potrebbe essere soltanto una specie di demone». A bocciare così, senza esitazione, la «scoperta» dei 70 codici individuati nel villaggio giordano di Saham, al confine tra Siria, Israele e Giordania, è lo scrittore cattolico Vittorio Messori, autore tra l'altro dell'intervista a Giovanni Paolo II, «Varcare la soglia della speranza».
I ritrovamenti non convincono fine in fondo neanche il giornalista e scrittore Corrado Augias, che ha firmato «Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione». «Dalle notizie di stampa fin ora arrivate - dice Augias - non possiano dire se i codici sono veri o falsi. Aspettiamo il giudizio degli esperti e degli studiosi e poi vedremo».
«Il testo - spiega da parte sua Messori - era scritto in greco e i riferimenti alla lingua fenicia, di cui si parla nei giornali, sono soltanto un richiamo al mistero dei romanzo di Dan Brown. Aggiungere un pizzico di fenicio -ironizza Messori- va sempre bene per alimentare il mistero». In verità, aggiunge Messori, «i codici sono un deposito di lastre di piombo o di altre materiale. Sono stati copiati da alcuni reperti del museo di Amman in Giordania che, è bene ricordarlo, è stato aperto soltanto da 50 anni. Si tratta di iscrizioni che si trovano su delle lapidi conservate in quel museo. Questa scoperta non è una novità, se ne parla già da un anno». «In realtà, il Medioriente è pieno di falsari di antichi reperti. Tutti gli anni - riflette Messori c'è qualcuno che scopre ad esempio il deposito dei templari. Di queste cose abbiamo già riso in mezzo mondo. Il falsario, in questo caso, non sapeva il greco e confonde le lettere dell'alfabeto».
Insomma, per Messori, «è la solita bufala.

Ma l'ignoranza su questi problemi è tale che si è sempre alla ricerca di qualche scoop senza sentire cosa hanno da dire coloro che si occupano di materie così delicate. Nessuno studioso può prendere sul serio delle informazioni di questo tenore. Questa presunta scoperta - evidenzia - ha la stessa validità scientifica che può avere un romanzo di Dan Brown».

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