Architetti e designer famosi folgorati dal mondo nautico

Le "archistar" salgono a bordo. Da Renzo Piano a Norman Foster (il papà della McLaren di F1), da Giugiaro a Marc Newson (nella foto). Così lo yacht diventa un’opera d’arte

Architetti e designer famosi folgorati dal mondo nautico

L’ultimo in ordine di tempo è stato Marc Newson, genio austra­liano del design che ha firmato un nuovo Aquariva in edizione limita­ta: 22 esemplari che saranno ven­duti nel mondo tramite la Gago­sian Gallery di New York. «Mi sono divertito moltissimo - dice New­son- a lavorare per Riva,l’esempli­f­icazione del concetto stesso di ele­ganza italiana. La mia vera sfida è stata quella di rinnovare dolce­mente, ma al tempo stesso profon­damente l’universo dei suoi moto­scafi ». Benvenuti nel mondo delle «archistar», i grandi nomi dell’ar­chitettura e del design che da qual­che anno hanno subito l’attrazio­ne fatale per il mondo della nauti­ca. Non lo fanno per la gloria, spes­so per la loro «firma» ricevono fior di bigliettoni. Indubbiamente c’è anche il pia­cere di cimentarsi in un mondo di­­verso, complicato ma che offre no­tevoli possibilità. Alcuni si diverto­no a tal punto che si limitano a «far­si » la barca: è il caso di Renzo Piano che ha ideato le sue barche a vela. Altri puntano soprattutto a stupi­re, magari trascurando un po’ la marinità. «Come dicono i francesi, vogliono soprattutto épater le boru­geois , lasciare a bocca aperta il benpensante - spiega Aldo Colon­netti, direttore scientifico dello Ied nonché storico e filosofo del desi­gn - Il più noto è sicuramente Phi­lippe Starck che fa discutere rego­larmente per le sue creazioni, figu­riamoci per un’imbarcazione. È sti­molante vedere certi progetti, tal­volta funzionano, ma sicuramente una barca deve essere barca, non è una battuta. Si tratta di un mezzo talmente legato al suo ambiente naturale che non può abbandona­re le sue radici tecniche e storiche. In particolare nel caso degli yacht a vela». Ecco spiegato perché l’incredibi­le Sigma, un 120 metri a motore ­varato nel 2008 per un misterioso armatore russo - ha fatto tanto di­scutere gli addetti ai lavori: pare un sommergibile, inadatto quindi a navigare sopra il livello del mare. Uno stile inconfondibile come quello di Norman Foster che ha fir­mato il 41 metri Ocean Emerald, superyacht in multiproprietà che è impossibile non notare in qualsia­si porto. «Mi sono ispirato in parte ai delfini e in parte al car design ­dice l’archistar britannico - poi ci sono terrazze a cascata collegate da scalinate, elemento tratto dai progetti per i Luxury hotel». Insom­ma, fantasia al potere anche se i cantieri esperti sanno benissimo che sullo styling è giusto lasciare campo libero ai geni, ma la parte tecnica deve essere - e sarà sempre - di pertinenza degli ingegneri na­vali o dei maestri dell’arte nautica. Spesso la sinergia è vincente: l’Sl 100, uno dei migliori progetti di Sanlorenzo, nasce dalla divisione dei compiti tra Francesco Paskowski (per le linee esterne) e Dordoni Architetti (per l’interior design). Un altro cantiere di grido come Mondo Marine, dopo aver la­vorato con Piero Lissoni per i parti­colarissimi interni del «Tribù» di Luciano Benetton, ha messo insie­me per Streamline l’esperienza nautica di Luca Dini con le «sofisti­cherie » interne del francese Frede­ric Méchiche. Il senso di operazioni del gene­re? Quasi sempre deriva dalla vo­glia di unicità dell'armatore, che non sopporta- a certi livelli - di ave­re una barca simile alle altre. Da qui la ricerca di arredi particolari, anch’essi di puro design, che fan­no somigliare sempre più saloni, cucine e camere a quelle di una bel­­la casa cittadina o marina. Non stu­pisce quindi che Perini Navi, tra i leader mondiali nella costruzione di superyacht a vela, abbia ingag­giato John Pawson - il guru del mi­nimalismo- per gli interni di Barra­cuda, non a caso quanto di più vici­no a un lussuoso loft galleggiante mentre il già citato Foster si è occu­pato di Panthalassa. Tankoa per l’atteso S-65 ha pensato invece a David Chipperfield, al suo debutto nel mondo della nautica. Tutto perfetto? La parola a Gior­gio Giugiaro che ha lavorato con Cranchi, Tullio Abbate (mentre il fratello Bruno è sempre stato lega­to a Pininfarina) e Baglietto per il 48 metri Antalis. «Chi si rivolge a noi vuole un su­per prodotto.

Talvolta le richieste sono incredibili, quasi assurde- di­ce il designer italiano più famoso nel mondo- Però trovo questa par­te del mio lavoro la più eccitante, la più curiosa. Perché diventa stimo­lante cercare di concretizzare tutti i desideri, utilizzando le tecnolo­gie più innovative. Non è un’ecce­zionale ginnastica mentale?»

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