Arezzo - Steso sul tavolo di ferro della morgue, con un proiettile ancora infilato nel collo e un medico legale che sta per aprirlo, Gabriele Sandri non può sentire il questore di Arezzo Vincenzo Giacobbe che alle cinque della sera davanti alla telecamere ammette: «Siamo profondamente addolorati, è stato un tragico errore. In questa storia è coinvolto un collega che finora aveva sempre lavorato bene». E nemmeno può ascoltare suo fratello Cristiano, che dopo avere preso per tre ore a calci tutti i muri dell’Autogrill, ora non si accontenta delle spiegazioni e accusa: «Me l’hanno ammazzato con una pistola. Adesso le istituzioni facciano la loro parte, facciano piena luce visto che, dopo tutti i decreti d’urgenza, lo hanno ucciso a 28 anni». Gabriele non può neanche più vedere quello che sta succedendo attorno a lui nel pianeta Italia: le partite sospese, i tifosi in corteo, gli scontri a Bergamo, gli assalti a Roma alle caserme della polizia e al palazzo del Coni, il giocattolo che esplode. Una giornataccia, una delle peggiori per il calcio nel Belpaese.
Eppure, almeno per Gabriele, Gabbo, era cominciata bene. Due ore di sonno, dopo la serata al Piper come dj, e alle sei partenza per Milano. Prima di mettersi in viaggio con gli amici, un messaggio sul cellulare di Lorenzo De Silvestri, difensore della sua Lazio. Sole sull’autostrada, risate e canzoni sulla Renault Scenic, la sosta alle 9 per far benzina a Badia al Pino. Un caffè, poi l’incontro: un’auto di tifosi della Juventus. Sfottò, parolacce, ma poi subito avevano cominciato a darsele. Cinque biancocelesti contro cinque zebre: calci e pugni, una sportellata, un tentativo di investimento. Forse pure qualcosina di più, visto che poi gli agenti hanno trovato bastoni, sassi e biglie. Ma insomma, niente di che, niente di peggio del solito. I camerieri dell’Autogrill non si sono accorti di nulla, il benzinaio ha visto la rissa «però non è stato nulla di trascendentale, in paragone a quello che spesso succede la domenica».
E hanno visto anche i due equipaggi della stradale, appostati per dei controlli nell’area di servizio proprio di fronte, la Badia al Pino direzione sud. «Attirati da urla e rumori», come si legge nel rapporto, hanno messo in moto le sirene e si sono avvicinati alla carreggiata. A quel punto i tafferugli erano praticamente finiti e le due auto già se ne stavano andando: ma uno dei poliziotti, «al fine di indurre i partecipanti alla rissa a desistere, esplodeva due colpi dalla pistola d’ordinanza».
«Sembrava una sassata», raccontano gli amici di Gabbo. Invece era una pallottola, sparata da 70 metri di distanza dall’altra carreggiata e penetrata dal lunotto posteriore. Gabriele è stato raggiunto al collo. Era seduto dietro, in mezzo. La macchina degli juventini si era allontanata. La Scenic pure stava lasciando l’area di sosta e quando è arrivato il colpo non si è fermata, ha proseguito per quattro chilometri fino allo svincolo di Arezzo. Lì è intervenuta la polizia, che ha chiamato i soccorsi e poi il furgone grigio della Misericordia.
Alle sette di sera Giuseppe è ancora steso sul quel tavolo freddo, mentre l’Italia delle curve esplode di rabbia e la polizia cerca nell’erba l’ogiva mancante del proiettile e soprattutto cerca un perché.
L’agente, trent’anni, esperto, è considerato un buon elemento e non è ancora indagato. Eppure qualcosa di sbagliato deve essere successo. Un colpo partito per errore? O un colpo di testa? Scartata subito l’ipotesi di una traiettoria a palombella, troppo vicino per fare un arco del genere. Si sentono i testimoni. Si studiano i filmati della tv a circuito chiuso dell’Autogrill. «Si sta facendo di tutto - sostiene il questore -. Siamo letteralmente addolorati per quanto è accaduto. E abbiamo tutto l’interesse a far accertare la verità. Abbiamo nominato un perito balistico, abbiamo incaricato un medico legale, stiamo lavorando in piena sintonia con la magistratura e non abbiamo alcun motivo per derogare a questi principi».
Nessuna copertura, assicura dunque Giacobbe. E in effetti l’agente che ha sparato sostanzialmente è stato già scaricato. Questo non basta ancora per placare gli animi dei laziali arrivati ad Arezzo. «Assassini, assassini», gridano quando la Renault viene incellophanata e caricata su un carro attrezzi.
«Sapremo assumerci le nostre responsabilità», promette il capo della polizia Antonio Manganelli. E alle nove di sera Gabriele è ancora sul tavolone quando nel centro di medicina legale si presentano i vertici del Polstrada aretina per rendergli omaggio. Ma Gabbo non può sentire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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