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Argentina, inflazione record: caramelle e biscotti al posto delle monete

«Due chili di pane e un litro di latte. Fanno 9 e cinquanta – conta la cassiera –. Mi scusi, non ho il resto. Le lascio cinque caramelle». Qualche volta capita anche nei piccoli negozi di alimentari italiani. Può succedere, di finire la moneta. Il problema è che in Argentina la moneta è esaurita ovunque. Nei registratori di cassa dei supermercati, nei negozi di vestiti, ai distributori di benzina, negli sportelli delle banche. Colpa dell'inflazione record che ha travolto il Paese negli ultimi due anni, ulteriormente accelerata da settembre dopo la crisi dei mercati finanziari. Le prime a sparire sono state le monete da 10 centesimi di peso, poi quelle da 25, quelle da 50 e infine anche quelle da un peso (valore nominale 22 centesimi di euro, potere d'acquisto intorno ai 50 centesimi). E così - rivela un'indagine di Tns Gallup, multinazionale finlandese specializzata in economia e finanza - oggi l'80 per cento della popolazione, dalla metropoli Buenos Aires ai villaggi rurali della Patagonia, ha praticamente sostituito le monete con golosinas e alfajores, caramelle e biscotti tipici nazionali. Secondo il governo di donna Cristina Kirchner, in Argentina l'inflazione è cresciuta dell'8,5 per cento nel 2007 e di un altro 7,2 per cento nel 2008. Per gli analisti internazionali, in realtà il valore d'acquisto del peso è sceso negli ultimi due anni di quasi il 40 per cento. Parallelamente, il valore dei metalli è salito a ritmi altrettanto sostenuto, e molti ne hanno approfittato per fondere le monete di rame e rivendere la «materia prima» a un prezzo più alto. Principale imputato del disastro è la Banca centrale di Buenos Aires, che ha reagito garantendo a ogni cittadino la possibilità di cambiare in spiccioli una banconota da 20 pesos, una volta alla settimana. Il problema è che negli sportelli dedicati all'operazione ogni mattina si forma una coda di duecento metri. Tempo medio di attesa, 45 minuti. Nel frattempo, per le strade sono spuntate centinaia di improvvisati «cambisti»: offrono 90 pesos in moneta in cambio di cento in banconote. Possibile? Inevitabile. E non tanto per il fastidio di tornare a casa dal supermercato ogni volta con le tasche piene di caramelle. Il vero problema lo vivono i milioni di argentini che ogni giorno salgono su un autobus. Costo del biglietto, un peso e 10 centesimi. Le macchinette automatiche non accettano banconote, e non danno resto. Chi è senza la cifra esatta non può montare. Pare che i sacchi di monetine che ogni sera si materializzano misteriosamente nelle mani dei cambisti abusivi, arrivino proprio dalle macchinette dei mezzi pubblici.

Attraverso qualche dipendente dell'azienda dei trasporti con pochi scrupoli e un gran fiuto per gli affari.

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