Argentina, la passione clandestina del tango

Viaggio tra le milonghe di Buenos Aires, dove la danza argentina è una religione. La storia di Patricio e Carla, una vita raccontata nel tempo di una mirada

Argentina, la passione clandestina del tango

All’inizio è il tempo di una mirada. Uno stop tra un tango e l’altro, l’orchestra appoggia gli strumenti un istante per riposarsi. Un sorso per sciacquarsi la bocca e riprendere. Un arresto che dura l’attimo di una scelta di partner. Sguardi che si incrociano, che si sfiorano, si toccano, si prendono. Dal palchetto ricominciano le prime note, sono passione e malinconia, vitalità e amarezza. Gambe che si incrociano lente e poi veloci. Passi rapidi e frenetici. Corpi che si respingono e si riattaccano al respiro di un bandoneon. Sotto il vecchio pavimento di legno che attutisce i colpi più forti quando il tango si fa serrato e duro, e l’energia diventa forza, virilità. Le figure si confondono, scivolano e volteggiano lungo il perimetro della milonga. Svolazzano i vestiti delle donne, si scoprono le ginocchia all’alzata delle gambe. L’odore di talco per terra pestato con forza dai tacchi alti arriva in gola, le pale sul soffitto girano lente, i camerieri con la giacca bianca a scansare rapidi le coppie.

Quando Patricio e Carla entrano nella Confiteria Ideal, la milonga è già affollata. Fuori Buenos Aires di notte. Al suono di «Sentimiento gaucho» si alzano. Tocca a loro, come ogni volta, come un richiamo. Non si parlano nemmeno, le note sono più forti di tutte le parole. Lui baffi, cravatta, brillantina, tabacco, pistone e un panama che fa un po’ esotico. Lei rosa, secca, gonna, cipria, profumo di violetta. Sono ballerini da sempre, si sono conosciuti ballando. Vent’anni prima lui era un ragazzo di Almagro, un barrio di periferia di Buenos Aires. Aveva notato Carla appena entrato.Un’occhiata, un sorriso e poi insieme tutta la vita. Il ballo li ha salvati dalla noia, dalla routine di quarant’anni di matrimonio.Oggi hanno ancora lo stesso sguardo intenso. Non abbassano mai la fronte, gli occhi negli occhi ad ogni passo. Teatrali esattamente come quel primo giorno in cui tutto doveva essere perfetto, quando quell’affinità sulla pista da ballo era carica di aspettative e ambizioni.

I clienti più affezionati sanno che non mancano una serata. Da quando sono in pensione il tango è diventato la loro ragione di vita. In mezzo anni di sacrifici, tradimenti, un’officina meccanica rilevata dal padre da mandare avanti, i figli, e poi la grande crisi. Anche nei giorni più neri dell’Argentina la Confiteria Ideal era la loro meta, la loro salvezza. Nella milonga, lontano dal resto, si sedevano ogni sera al solito tavolino. Ordinavano vino e tapas. Ogni ballo come una promessa rinnovata.

Anche oggi l’orchestra suona «La Tablada», omaggio a Francisco Canaro, uno dei più amati compositori di tango. Loro sono pronti in pista con i loro vestiti da ballo, le scarpe con il tacco alto e la solita espressione severa, quella di chi nel tango ci crede davvero. Per loro tango non significa divertimento. È linfa vitale che scorre tra le vene, da sentire, da ascoltare, da ricreare. Ogni sera scivolavano via, si sganciano dal tempo. Le braccia secche e le schiene ricurve della vecchiaia sono solo la scatola dell’apparenza. Il fuoco brucia ancora e non fa cenere. C’è un gruppetto di ragazzi alla periferia del tango. Bevono birra e gustano lo spettacolo. Qui alla Confiteria Ideal sono entrati per curiosità. Qualcuno un giorno gli ha raccontato le canzoni di Carlos Gardel e di Osvaldo Pugliese, ma non sanno nulla di più. Osservano un mondo che si è immobilizzato nella sua purezza quasi infantile. Vedono e sentono. Coppie che ballano alla deriva degli anni, professionisti di tacco e virate, movimenti perfetti e puliti, che ad ogni giro cambiano partner. Questo, dicono, sia il bello del tango: una ricerca di intimità e di affinità continua, improvvissazione da osare.  

Più in là c’è una coppia giovanissima, ragazzini che hanno ereditato dai nonni la stessa passione, si sono iscritti ad un corso e la sera vengono a perfezionare le «figure». Ad aspettarli al tavolo i genitori. Ad ogni volteggio la madre guarda con orgoglio la figlia che si destreggia. I ragazzi al tavolo non si ditraggono, gli occhi sono puntati su di loro. Suona «Sentimiento Gaucho». Patricio e Carla non smettono più. Sono sempre lì incarnati nei loro vent’anni.

Si corteggiano, si sfiorano, si lasciano e poi ritornano. È il tempo della passione che batte, come un segreto da tramandare di voleo e in sacada, la figura tabù, censurata, come un atto osceno, simulato, mimato, desiderato, con la gamba che s’insinua nel ventre. 

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