«Le armi italiane? Un’eccellenza che ci riconosce tutto il mondo»

Le armi italiane saranno le regine dello Shot Show di Las Vegas, che si svolge dal 19 al 22 gennaio: è la principale fiera del settore, e la presenza dei nostri maggiori produttori (Beretta, Benelli, Perazzi, Fiocchi, Nobel, Baschieri & Pellagri, Cheddite) è attesa dai visitatori di tutto il mondo. Perché? «Perché le nostre armi, che nel bresciano hanno una tradizione di cinque secoli, sono ineguagliabili per precisione e qualità artigianali - risponde Nicola Perrotti, presidente dell’Anpam, l’Associazione delle industrie del settore aderente a Confindustria -. In tutto, 4mila occupati e un fatturato complessivo di 2,5 miliardi, per l’80% da esportazioni».
Un’eccellenza che ci è riconosciuta?
«Sì, da tutti. In Europa solo Austria e Germania mantengono una tradizione. E le aziende italiane hanno fatto varie acquisizioni all’estero».
Parliamo di fucili e pistole civili o militari?
«Sono produzioni diverse, continuativa la prima e ciclica la seconda. Il comparto civile, il più importante, serve la caccia, il tiro sportivo, la difesa personale. Lo sa che alle ultime dieci Olimpiadi sul podio ci sono sempre state armi italiane?».
Parlare di armi solleva problemi etici...
«Senza dubbio. Ma esse sono anche strumenti democratici, perché hanno sottratto l’uomo alla disparità della forza bruta. Mai comunque ci auguriamo che vengano colpite le persone. Noi facciamo armi sicure per evitare colpi accidentali. E sono le più efficaci del mondo: perché se una persona deve sparare, deve centrare l’obiettivo, animato o inanimato che sia, per concentrare il danno ed evitare di coinvolgere persone che non c’entrano».
Per voi la caccia vale il 50% degli affari. Ma anche questo è un tema spinoso
«La caccia divide le coscienze, io sono neutro e non la pratico. Per capirla, credo, va provata. Comunque è giusto che si possa fare ciò che è consentito dalla legge. Va precisato comunque che la nostra associazione persegue interessi industriali, e ha l’interesse al mantenimento di uno dei nostro mercati principali».
Sentite la crisi?
«Il settore è sano e due anni fa ha chiuso un decennio di crescite a due cifre e di guadagni alti. Nel 2008 e nel 2009 ha perso il 10% e il 12% del fatturato, perché comunque si tratta di un prodotto voluttuario. Un problema è il cambio, visto che il 90% dell’export è in dollari. C’è stata un frenata più forte nei fucili che nelle pistole, le quali, anzi, negli Stati Uniti hanno visto aumentare le vendite, perché la gente pensava che un presidente democratico desse una stretta alle vendite».
Cassa integrazione?
«Poca, pochissima.

Le aziende sono ben capitalizzate e si sono sempre autofinanziate»
Quindi le imprese non hanno bisogno delle banche?
«Ne avrebbero quando si tratta di finanziare commesse estere: ma gli istituti italiani si tirano indietro opponendo problemi morali. Invece le banche estere fanno la fila per lavorare con le nostre industrie. Anche le filiali di gruppi italiani».

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