Come arrestare la crescita dei linfomi gravi

Gianni Mozzo

Quando si parla di tumori del sistema linfatico (da qualche anno in netto aumento) la patologia più ricorrente è il linfoma non Hodgkin, che ha un alto rischio di mortalità. Viene definito inguaribile. La sua crescita è rapida, specialmente nella forma detta «indolente» (Lnh), che è oggi la più diffusa. In venticinque anni, questo tipo di tumore è aumentato dell’80 per cento, mobilitando oncologi e ricercatori.
Una buona notizia arriva dal quarantasettesimo congresso della Società americana di ematologia, svoltosi recentemente ad Atlanta, negli Stati Uniti. Durante questo importante appuntamento scientifico, cui hanno partecipato oncologi di tutto il mondo, anche italiani, è stato presentato lo Studio internazionale Eortc, condotto su 465 pazienti affetti da linfoma non Hodgkin indolente.
Questi soggetti, studiati in 130 Centri oncologici di varie nazioni (Canada, Australia, Olanda, Norvegia, Gran Bretagna, Slovenia, Belgio, Ungheria, Svezia, Danimarca, Nuova Zelanda, Egitto, Italia, Francia, Polonia, Svizzera) sono stati trattati in parte con una chemioterapia a base di ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina e prednisone, in parte con un nuovo anticorpo monoclonale (nome chimico: rituximab) aggiunto alla chemioterapia. Per due anni, i pazienti che avevano «risposto» alle cure hanno ricevuto una terapia di mantenimento con rituximab.
I risultati della cosiddetta fase di induzione hanno dimostrato che i pazienti cui era stato somministrato l’anticorpo monoclonale hanno offerto una «risposta completa» più elevata rispetto ai pazienti trattati con la sola chemioterapia. Inoltre, l’associazione chemioterapia-rituximab ha aumentato in modo significativo la sopravvivenza. Il professor Van Oers, dell’Università di Amsterdam, ha dichiarato con molta soddisfazione: «Lo studio che ho avuto l’onore di coordinare rappresenta una tappa fondamentale nella terapia del linfoma non Hodgkin indolente. Non avevamo mai registrato, negli ultimi trent’anni, un miglioramento così forte della sopravvivenza - con arresto della patologia tumorale - nei linfomi di questo tipo». Attualmente il linfoma non Hodgkin (sia indolente che non indolente) è più presente di leucemie e mielomi. I maggiori studiosi mondiali di ematologia sono certi che entro il 2025 sarà la neoplasia più diffusa: supererà i tumori epatici e quelli polmonari. In Italia si registrano dodicimila casi ogni anno.
I risultati dello studio internazionale Eortc lasciano prevedere che le autorità europee concedano una nuova indicazione per rituximab: autorizzato come terapia di mantenimento in pazienti affetti da linfoma non Hodgkin indolente. Tale indicazione verrebbe a completare il ventaglio di prescrizione di questo noto anticorpo monoclonale, che agisce sulla superficie dei linfociti B, con procedura molto selettiva. All’Istituto dei tumori di Milano, questo anticorpo è stato sperimentato dal 1998 e viene tuttora impiegato con ottimi risultati. Il dottor Massimo Di Nicola, della divisione di oncologia medica 3, autore col professore Massimo Gianni, primario di quella Divisione, d’una relazione presentata al congresso di Atlanta, sostiene che rituximab «purifica» il midollo osseo autologo nei trapianti.

L’Istituto di via Venezian lo impiega da anni in questi interventi. Fino ad oggi con questo anticorpo sono stati curati nel mondo 700mila pazienti. Il linfoma non Hodgkin indolente colpisce soprattutto i soggetti dopo i 60 anni.

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