Arrestati in Campania tre terroristi islamici: «Erano pronti a tutto»

Claudia Passa

da Roma

Erano pronti a unirsi ai «fratelli» in Irak, per partecipare alla «guerra santa» e immolarsi nel nome del jihad contro il «nemico» occidentale. Nello stesso tempo, erano dediti allo studio di un piano terroristico «di più ampio respiro», da mettere a segno nel nostro Paese. Di qui l’accusa di terrorismo internazionale che ha portato la Procura di Salerno a emettere tre ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti algerini sospettati di far parte di una cellula collegata col Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento.
Due dei presunti terroristi, Rabah Achour e Samir Tartag, immigrati con regolare permesso di soggiorno e impiegati in lavori stagionali, sono stati fermati ieri dai carabinieri del Ros fra Curingia (provincia di Catanzaro) e Capaccio Scalo (provincia di Salerno). Al terzo, Yamine Bourhama, il provvedimento è stato notificato nel carcere di Napoli, dov’è rinchiuso dalla metà di novembre quando venne fermato dagli stessi militari del reparto d’eccellenza dell’Arma, assieme a due connazionali di Brescia, cui il gip non convalidò l’accusa di terrorismo, confermata successivamente a Napoli.
L’indagine del Ros denominata «Marina» (costola dell’operazione «Full Moon») prende le mosse a Salerno nel settembre 2004, seguendo le tracce della presunta cellula napoletana. Intercettazioni e pedinamenti convincono gli investigatori che all’organizzazione siano da addebitare, oltre alla «coltivazione» di propositi terroristici in Italia e all’estero, le attività collaterali di sostegno e supporto all’attività eversiva di matrice islamica. Dalla capacità di realizzare ordigni esplosivi alla falsificazione dei documenti, dalla raccolta dei fondi per l’autofinanziamento al proselitismo. È un questo contesto che i militari del Ros intercettano Achour mentre esorta un connazionale ad essere «un kamikaze», a «lasciar perdere l’euro... lo sporco denaro...».
Al vaglio del gip di Salerno è finito anche il carteggio assemblato dalla Procura di Napoli, comprese le conversazioni «captate» da una microspia piazzata in un locale di via Tavernelle in quel di Carpaccio. Ignaro d’essere ascoltato, Samir dice a Yamine: «L’Italia... di Sharm el Sheik, se li raggiungeranno così in Tunisia, ci sono molti italiani in Tunisia... Piangerete da soli». Quanto alle «competenza» interne all’organizzazione, se a Bourhama gli inquirenti riconoscono il ruolo di coordinatore e di «collegamento» con i nuclei di Milano, Brescia, Vicenza e Napoli, i due connazionali sono accusati d’aver svolto, grazie al rapporto privilegiato col «capo», attività di «promozione» per la cellula salafita. Nelle conversazioni intercettate il Ros ha individuato espliciti riferimenti a ipotetici atti di violenza da mettere a segno contro istituzioni o rappresentanti degli Stati Uniti («...bisogna colpire l’America... col sangue, col sangue vi vinceremo...»), e ad azioni tali da superare l’effetto dell’11 settembre.
Gli arresti di ieri - ha spiegato il comandante del Ros, generale Giampaolo Ganzer - rappresentano «un tassello di un’indagine autonoma, collegata dal punto di vista investigativo ad un’inchiesta che riguarda le cellule salafite sparse sul territorio italiano». Le cellule, spiega ancora Ganzer, «erano pronte a trasferirsi in Irak per azioni terroristiche anche suicide, e contemporaneamente studiavano azioni di più ampio respiro sul territorio italiano».

Con i carabinieri e col loro comandante Luciano Gottardo si è congratulato il ministro Pisanu, per la «brillante operazione» che «si colloca in un’indagine ad ampio raggio che si è avvalsa della collaborazione di altri Paesi». Un’operazione che «conferma l’impegno assiduo delle nostre forze dell’ordine e dei nostri Servizi di informazione contro la minaccia terroristica che incombe sull’Italia e sull’Europa».

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