Arrestati i piromani vendicativi

Stefano Vladovich

Guidati da una «vecchia gloria» della mala locale, decidono di bruciare vivo un anziano per vendicarsi del fatto che questi si era ribellato alle loro prepotenze minacciando di telefonare ai carabinieri. E così Andrea e Massimo, 25 anni entrambi, con una latta piena di benzina appiccano il fuoco alla sua roulotte. Con lui dentro. L’uomo, un poveretto che da anni vive per le strade di Civitavecchia, si salva per un soffio. Grazie all’arrivo di una «gazzella» del 112, difatti, la vittima delle continue angherie viene strappata a morte certa. L’ennesimo attentato incendiario dall’inverno 2002 nella cittadina portuale tirrenica. Gli uomini migliori della compagnia di via Giuliano da Sangallo, del resto, indagano da tempo su una serie impressionante di auto, furgoni e moto bruciate. Racket delle estorsioni, usura, vendette? Le varie ipotesi sembrano destinate a rimanere senza conferme. «I malviventi, fortunatamente, lasciano tracce a non finire - spiega il maggiore Francesco Cavallo, comandante della compagnia Civitavecchia -. Oltre a quelle classiche, come le impronte di pneumatici, contenitori per il liquido infiammabile, accendini usa e getta, stracci, i piromani dimenticano elementi fondamentali che ci permettono di inchiodarli». Le indagini vengono avviate tre anni fa quando, in pieno centro, vengono bruciate auto di grossa cilindrata. Una, in particolare, appartiene a una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. Gli interrogatori, però, non portano a molto. Le vittime non parlano per paura o per omertà. In un caso gli incendiari, per ristabilire la loro supremazia su un soggetto della banda, cospargono di benzina la sua Bmw appena uscita da un concessionario. Il rogo, però, alimentato da un forte vento, si propaga alle auto vicine. Quando gli uomini del 115 fanno rientro in caserma il bilancio è pesante: quattro macchine e un maxiscooter carbonizzati, un intero caseggiato con decine di famiglie evacuato nel cuore della notte. «In quell’occasione i tre delinquenti ci sono andati pesanti - concludono i carabinieri di Civitavecchia -. A quel punto abbiamo stretto il cerchio e li abbiamo fermati».

Il capo della gang è un personaggio che ha riempito le cronache della cittadina tra la metà degli anni ’70 e i primi ’90 fino a quando una raffica di condanne lo spedì in carcere fino all’inizio del nuovo millennio. Le accuse per i tre incendio doloso e tentato omicidio.

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