Roma Seduto in prima fila, Gianfranco Fini segue l’ultimo congresso di An nelle vesti di leader di partito ma con l’aplomb e il piglio del presidente della Camera. Nessun politico al suo fianco (alla sua sinistra c’è il portavoce Fabrizio Alfano e a destra la storica collaboratrice Rita Marino), block notes in una mano e stilografica nell’altra, è pronto a prendere appunti durante gli interventi dal palco e prodigo in cerchiature e sottolineature. Mancano meno di 24 ore all’ultimo respiro di An e Fini non si scompone, concedendosi solo qualche applauso: per Sergio Ramelli e Mario Zicchieri, due militanti del Fronte della gioventù uccisi a metà degli anni Settanta, e per Ignazio La Russa, quando invoca l’estradizione di Cesare Battisti dal Brasile.
Ma il primo giorno di congresso per Fini è soprattutto dietro le quinte. Lì si apparta con i colonnelli appena terminato l’intervento del reggente di An, lo abbraccia e si complimenta per il discorso «misurato ed efficace». Ed è soddisfatto anche del clima che si respira in sala, «razionale e senza scoramenti». Considerazione, questa, niente affatto causale. Perché la svolta più importante della sua carriera politica Fini la farà questa mattina, quando spegnerà per la seconda e ultima volta la Fiamma. La prima era stata nel ’95 a Fiuggi, «con il cuore». Oggi invece tocca «alla ragione». Ed è anche per questo che alla Fiera di Roma non si respira aria di nostalgia e anche la commozione è piuttosto misurata.
Lo stesso Fini si dice «sereno» anche se, aggiunge, «domani può darsi che mi emozioni». D’altra parte il momento è di quelli che non si dimenticano e nonostante il grande salto sia stato ormai metabolizzato da tempo è pur vero che il leader di An si gioca molto, forse più di quanto mise sul tavolo a Fiuggi. Per la prima volta, infatti, dopo vent’anni di leadership incontrastata nella destra (dall’Msi ad An), cederà il passo. E da numero uno sarà inevitabilmente un numero due. Una sfida in prospettiva che oggi Fini vuole spiegare alla sua gente, convinto - ripete in privato a diversi scettici - che «il Pdl non è solo leadership ma anche politica». È per questo - dirà oggi - che non bisogna guardarsi indietro ma concentrarsi soprattutto sul futuro. L’identità - sarà il senso del suo ragionamento - non si dimentica ma «servono nuove sintesi» culturali e politiche per «rispondere alle sfide del presente», dalla crisi economica alle questioni etiche.
Una strada, quella del Pdl, su cui il leader di An non ha alcuna incertezza. E anche per questo, forse, all Fiera di Roma manca il pathos dei grandi eventi. Perché non c’è il dubbio della scelta sbagliata né l’incertezza di quel che s’abbandona. Si mette in cantina An e si spegne per sempre la Fiamma, ma in platea si ride e si scherza. Perfino Fini - che nella prima ora si è concesso al massimo qualche sorriso - non si tiene quando a dargli di gomito è il fedelissimo Silvano Moffa. «An e Forza Italia sono gemelli», ha appena finito di dire dal palco La Russa. «Vorrei sapere chi è la madre...», chiosa Moffa. Fini non replica ma ride. Poi, via dietro le quinte. Per coordinarsi con i colonnelli e scappare a casa dove passa il pomeriggio con la compagna Elisabetta e la figlia Carolina.
Un pomeriggio di relax prima del grande giorno, alle prese con le ultime limature dell’intervento che questa mattina chiuderà il congresso.
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