Arriva l’horror fatto in casa che in Usa incassa milioni

RomaIn questi casi non si può far altro che levarsi il cappello e inchinarsi di fronte ai numeri. Perché quando un film è costato solo 15mila dollari e negli Usa ne ha incassati 108 milioni(circa 7000 volte il budget iniziale), i discorsi stanno a zero. Si parla solo di record e di fenomeno, come una vittoria alla lotteria. È il caso di Paranormal Activity, opera prima di Oren Peli, da venerdì prossimo distribuito da noi in più di 350 copie dalla Filmauro di De Laurentiis che è stato veloce a intuire l’affare. Difficile però sapere se il film, girato dal regista in una sola settimana, in casa, con due attori alle prime armi e una troupe di tre persone costituita da se stesso, la sua compagna e il suo migliore amico, troverà anche da noi un pubblico entusiasta.
Perché poche volte accade che i sensazionalistici lanci pubblicitari, come «Non riuscirete più a dormire» o «Il film che ha terrorizzato l’America», cozzino con un’opera in cui per 80 dei suoi 86 minuti non accade nulla. Evidentemente il pubblico non la pensa così ed è rimasto coinvolto dalla lenta storia della coppietta che s’è trasferita in una nuova casa a San Diego popolata da una misteriosa entità le cui manifestazioni notturne (apertura e chiusura di porte, spostamento di oggetti) vengono immortalate dalla loro videocamera. Che è, come nel capostipite The Blair Witch Project o in Rec 1 e 2, la vera protagonista del film.
Oren Peli, venuto a Roma insieme al produttore Steven Schneider (già all’opera sul sequel) spiega il segreto del suo successo: «L’uso della videocamera annulla l’incredulità e permette agli spettatori di pensare che ciò che vedono sia veramente successo. In America c’è un fiorire di reality e la gente è abituata a vedere in video situazioni vere. Così un film tradizionale è vissuto come qualcosa di distante. Non è il mio caso». Persino Steven Spielberg s’è innamorato del film tanto da fare una proposta particolare al regista: «La sua idea era di non far uscire la mia versione ma di farmi fare subito un remake ad alto budget. Ma quando ha visto la reazione del pubblico ha pensato che andava bene così», ha detto Spielberg. Però Peli non ha problemi a sottolineare di aver accettato di buon grado di realizzare un nuovo finale suggeritogli da Spielberg: «L’originale era più debole».


Non c’è che dire, questo ragazzotto nato in Israele e giunto in America a 19 anni, fino a oggi oscuro programmatore di videogiochi e ora già al lavoro sulla sua opera seconda Area 51 è un piccolo genio della contemporaneità. Perché, forse, non s’era mai sentito un regista ammettere candidamente che il proprio film «in fondo meriti cinematografici proprio non ne ha ed è questa la sua particolarità».

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