
L'elezione di Leone XIV è stata un'inaspettata prova di unità da parte di un sacro collegio fortemente polarizzato dopo 12 anni di Francesco. Il nome di Prevost è stato caldeggiato nelle congregazioni generali dall'ex grande elettore di Bergoglio, l'honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga (questa volta non elettore) ma poi ha trovato il consenso decisivo in Cappella Sistina del fronte conservatore. In particolare, molte ricostruzioni sono concordi nel ritenere che un ruolo decisivo per convincere i sostenitori del cardinale ungherese Péter Erdő a convergere su Prevost sia stato svolto dai connazionali Timothy Dolan e Raymond Leo Burke. I due americani sono anche i membri del collegio cardinalizio che possono vantare il rapporto migliore con l'amministrazione Trump. Se per Dolan ci sono ora molte possibilità di rimandare la pensione da arcivescovo di New York che sembrava imminente fino allo scorso aprile, per Burke si apre una stagione di distensione dopo 12 anni di tensioni e ostruzionismo.
Un cardinale simbolo
Raymond Leo Burke compirà 77 anni domani e festeggia oggi il 50esimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Da giugno 2023 non ha più incarichi formali dopo il pensionamento come patrono dell'Ordine di Malta. In realtà, però, Francesco lo aveva già destituito da quell'incarico nel 2017 allo scoppio della guerra interna nell'ordine cavalleresco. Prima ancora c'era stato il declassamento a soli 66 anni dalla guida del supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Negli anni di Francesco, Burke ha pagato le sue posizioni nel Sinodo sulla famiglia contrarie alla comunione ai divorziati risposati, poi è stato ostracizzato per la sua difesa dei fedeli che amano la messa tridentina. Nonostante il clima, il cardinale americano ha tenuto fede ai consigli che lo stesso Bergoglio dava pubblicamente, chiedendo critiche fatte apertamente e non dietro alle spalle. L'ex prefetto della Segnatura Apostolica lo ha fatto anche con due iniziative molto note come i Dubia del 2017 e del 2023. Tutto questo lo ha reso senz'altro un punto di riferimento non tanto per i nemici di Francesco, come tendeva a sostenere una certa vulgata, ma per quei fedeli che vivevano con sofferenza le divisioni provocate nella Chiesa da alcuni provvedimenti. A fine 2023 il porporato americano ha subìto anche il clamoroso episodio della privazione del piatto cardinalizio e del canone d'affitto previsto in passato per il suo appartamento romano.
La simpatia dei trumpiani
Se i prelati in carriera negli anni bergogliani hanno tenuto a distanza il cardinale sgradito a Santa Marta, la sua popolarità è cresciuta tra i cattolici di tutto il mondo ed anche tra i sostenitori del movimento Make America Great Again sebbene lui non abbia mai espresso preferenze politiche. La sua figura è molto apprezzata da diversi esponenti repubblicani poi entrati a far parte della seconda amministrazione Trump. È chiaro che, archiviato un pontificato dichiaratamente ostile al conservatorismo politico di tutto il mondo, il nome di Burke può diventare utile nel mantenimento di un rapporto rispettoso tra la Santa Sede e Washington. Il suo amico Dolan, ugualmente apprezzato da Trump, rimarrà con ogni probabilità a New York mentre la presenza di Burke a Roma può diventare di aiuto a Leone XIV che, pur non risparmiando bordate sui singoli temi, non intende continuare il braccio di ferro visto negli anni del tycoon alla Casa Bianca.
Il rapporto con Leone
Leone XIV sa che può fidarsi di Burke perché non è uno dei prelati camaleontici che cercano di riposizionarsi in una fase di transizione. Inoltre, negli anni dell'ostilità della Curia verso l'ex prefetto della Segnatura Apostolica, Prevost ha dimostrato le sue qualità umane comportandosi rispettosamente con il cardinale. I due connazionali hanno imparato a conoscersi ed apprezzarsi e questo potrebbe essere stato fondamentale durante il conclave. Oltre alla nazionalità, i due hanno in comune anche la formazione canonistica. Leone XIV sa che la situazione giuridica lasciatagli in eredità non è facile ed ha bisogno di persone competenti per sbrogliare le numerose matasse attualmente presenti. Prevost ha parlato più volte di unità e di comunione e la sua capacità di dialogare con tutti è riuscita in meno di due mesi a far rientrare le divisioni più accese all'interno della Chiesa. Per questo il nuovo Papa difficilmente considererà Burke come un problema, ma piuttosto come una risorsa anche in funzione del dialogo con il cattolicesimo Usa sempre più d'orientamento tradizionale. E poi c'è la questione del rapporto con Trump: Leone sa che un inasprimento sarebbe inutile, mentre è importante mantenere una posizione in grado di esercitare una
moral suasion specialmente di fronte ai venti di guerra che soffiano attualmente.