Addio spread. Era l’incubo dei grandi giornali che giorno per giorno ne monitoravano la crescita esponenziale in parallelo all’agonia del governo Berlusconi. Un malato terminale, come il Cavaliere. Sorpresa: ieri i più autorevoli quotidiani l’hanno smarrito, almeno in prima pagina. Ieri i titoli di apertura erano dedicati al debutto di Mario Monti e il differenziale è rimasto imbottigliato nelle pagine interne, quelle in cui l’effetto psicologico di una notizia, bella o brutta che sia, arriva attenuato. Non che il dramma sia andato in archivio: la giornata si è chiusa a quota 519. Una linea terrificante, insostenibile.
Ma il Corriere della Sera non se l’è sentita di ributtare quel vocabolo inglese in prima linea. Tanto per capirci: mercoledì scorso, 9 novembre, il Corriere metteva in vetrina le convulsioni di Berlusconi, ormai costretto ad annunciare le dimissioni, e l’irresistibile salita di quel diavoletto, arrivato alla strabiliante altezza di 500 punti. Cinquecento punti. Numeri che per il quotidiano di via Solferino, ma anche per la Stampa e la Repubblica trasmettono il rintocco inconfondibile di un de profundis. Una settimana dopo, lo spread ha toccato il tetto dei 519 punti, ma la notizia è sfuggita via.
È scivolata nelle retrovie. Strano. L’ottimismo è un ingrediente fondamentale nei momenti difficili e poi la giornata, a suo modo storica, si prestava alla celebrazione di ministri, superministri, tecnici e supertecnici vari. Era l’ora dei giuramenti e della foto di gruppo e della giostra dei flash.
La tempesta finanziaria è transitata senza strepiti. Al massimo un occhiello sul Sole24ore e poi la spiegazione dettagliata della situazione nel corpo del giornale. Però Repubblica ha addirittura infranto il tabù giocando gioiosamente con la parola spread: «Il miracolo di mister spread», è il titolo del commento firmato da Massimo Giannini per segnalare l’inversione di tendenza e la forza straordinaria della premiata coppia Monti-Napolitano, mister spread e il Quirinale, sul podio prima ancora di scendere in campo.
Vedremo cosa diranno i giornali questa mattina. Ma già ieri sera le tv sottolineavano che lo spread, sempre lui, era sceso sotto quota cinquecento.
Insomma, il grande assente si è fatto vivo, ma è tornato come un malato finalmente in cura al pronto soccorso dell’esecutivo. Un governo capace di fare miracoli più di una squadra di medici uscita da un telefilm americano. In effetti, a fine corsa il differenziale era a 494 punti. Un buon risultato? Dipende: è la vecchia storia del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Però, se stiamo alle cifre, siamo sempre sull’orlo del baratro, sempre sul filo dei cinquecento punti. L’Italia non si è spostata di molto, anche se tutti sperano in una rapida discesa.
C’è lo spread che sale e scende e c’è il partito, agguerrito come non mai, dello spread. E il partito dello spread conduce le sue battaglie. Interpreta gli avvenimenti. Guida, o almeno ci prova, le reazioni dell’opinione pubblica. Lo spread ha seppellito Berlusconi, lo spread farà da trampolino al volo miracoloso di Monti. Il resto conta fino a un certo punto. E tutto quel che accade viene fatto rientrare dentro schemi un po’ elementari. Prendiamo la salita parallela dei titoli in Francia e Italia: «Il differenziale italiano è più alto - spiega al Giornale l’ex ministro della funzione pubblica Renato Brunetta - ma la progressione di Parigi negli ultimi mesi è stata superiore, di gran lunga più importante di quella tricolore. In Italia lo spread è salito del 180 per cento circa, in Francia addirittura del 380 per cento. Più del doppio rispetto al nostro Paese: la Francia partiva da quota 42 e si è progressivamente avvicinata ai duecento punti». Una situazione pericolosissima e del resto il differenziale si è impennato anche in Belgio e perfino in Austria. Ma tutti parlano solo dell’Italia.
«Ci fanno credere - prosegue Brunetta - che il problema unico sia Berlusconi, ma la realtà è che lo spread va per conto suo anche all’estero. Il punto dolente non è il Cavaliere o chi per lui, ma il governo, anzi il malgoverno dell’Euro.
La Banca centrale europea, che dovrebbe intervenire acquistando i titoli dei Paesi in difficoltà, si muove poco e male, lasciando campo libero a chi vuole speculare sui debiti sovrani». E così dopo Roma ora arranca Parigi. Ma nessun giornale chiede per questo le dimissioni di Sarkozy.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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