da Londra
Per comprendere la filosofia di Arsene Wenger basti un episodio. Ultima settimana di giugno. Come d'abitudine, si riaccendono le voci sul futuro di Thierry Henry nonostante solo 12 mesi prima questi abbia firmato il rinnovo. Il francese, più di una bandiera per i tifosi dell'Arsenal, lancia un avvertimento: «O arriva qualche campione oppure me ne vado». Il tempo di imbastire una trattativa con il Barcellona e in tre settimane Henry è ceduto ai blaugrana. Nelle casse dei Gunners arrivano poco più di 25 milioni di euro, ma i tifosi non si illudono: sanno già che non arriverà nessun grosso nome per rimpiazzare l'ex capitano. Perché Wenger i grandi giocatori preferisce crescerli in casa, non acquistarli altrove. È questa la sua idea di calcio: allestire un gruppo cosmopolita (tanti africani) di giovanissimi e aiutarlo a crescere. Dentro e fuori dal campo. Un po allenatore di calcio, un po maestro di vita. Con quell'aria professorale di chi sa di sapere, ma non ha ancora perso la voglia di imparare. E di rischiare. In pochi mesi l'Arsenal ha smarrito due protagonisti dei suoi più recenti successi. Prima David Dein, vice-presidente del club, dimessosi in polemica con il consiglio d'amministratore. Quindi Henry. Forse i più stretti sodali del tecnico francese. E il timore - per alcuni un'inevitabile certezza - di un ridimensionamento dei Gunners era diffuso dalle parti dell'Emirates stadium, il nuovissimo stadio che ancora oggi pesa non poco sulle finanze del club. Dubbi e perplessità non condivise da Wenger, che, acquistati tali Bacary Sagna, Eduardo Da Silva e Lukasz Fabianski, liquidava con poche parole la scalata di Alisher Usmanov, il milionario uzbeco che si è messo in testa di fare concorrenza a Roman Abramovich acquistando il 21% dei Gunners. «Non abbiamo bisogno di altri soldi - le parole di Wenger -, la squadra è già competitiva per vincere. L'importante è che ci credano anche i giocatori». I quali, evidentemente, l'hanno preso in parola. Dopo sei giornate l'Arsenal guida la Premier League con 16 punti, con tre lunghezze sulle inseguitrici. Cinque vittorie e miglior attacco del campionato (16 reti).
Gol e spettacolo, come predica il suo tecnico, votato al possesso palla e alle improvvise accelerazioni. Un primato ottenuto senza stelle, con una banda di campioncini in fasce.
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