
I musei, per alcuni, sono i “cimiteri dell’arte”. Forse hanno ragione. O forse no. Ma di certo, da quelle parti, il sindacalismo più estremo è vivo e vegeto. Ben incorniciato e in mostra permanente sulle pareti. Lo dimostra un episodio emblematico che dipinge bene il nostro Paese. Alla Galleria d’Arte Moderna di Roma (fiore all’occhiello della cultura “progressista”) le sigle che rappresentano i dipendenti sono riuscite in un’impresa unica nel suo genere: far rimuovere l’installazione “Picco di Memoria" di Ahmet Güneştekin.
Motivo? L’opera emana un cattivo odore. Concetto olfattivo che i sindacati, fedeli alla loro tradizione linguistica, traducono in burocratese stretto: “l’opera emana un odore acre, pungente e disturbante per custodi, guide turistiche e visitatori rendendo insopportabile la permanenza nel settore, tanto che i lavoratori assegnati a sorvegliare quelle zone lamentano mal di testa e sensazione di nausea e in taluni casi sono costretti a indossare le mascherine lamentando mal di testa e sensazione di nausea”. Lettera inviata a chi di dovere a stretto giro di posta. Immediata la risposta dei responsabili della Gnamc che, invece di difendere con fierezza la libera scelta di esporre l’installazione (un cumulo di scarpe simbolo dello sterminio nei campi di concentramento), hanno abbassato la testa dando corso alla richiesta di Fp Cgil, Cisl Fp e Uilpa (e chi più ne ha più ne metta). Le scarpe sono state rimosse e trasferite “in un luogo più consono” (la discarica di un calzaturificio?).
L’opera di Güneştekin non ci pare un capolavoro, anzi la sua idea ricicla vecchi cliché. Ma non è questo il punto. L’arte è per natura divisiva. Il vero problema, alla Gnamc, è che ora a decidere se e cosa far vedere al pubblico siano i sindacati, autoproclamati curatori e critici. Paradossale.
Ha ragione l’economista Stefano Monti che su Archeo Reporter scrive: “Abbiamo costruito un Paese in cui, in nome della sacrosanta tutela dei lavoratori, si attribuisce ai dipendenti museali un potere che nessuna lobby immaginerebbe mai di poter esercitare”. I cultori della “merda d’artista” sono avvertiti…