Luca Pignatelli, l'arte è nel Mito

La Gliptoteca di Monaco celebra l'opera del grande artista italiano: le sue Muse contemporanee dialogano con i capolavori ellenistici

Luca Pignatelli, l'arte è nel Mito
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Di fronte all’opera dell’artista leccese Luca Pignatelli - celebrata in questi giorni nelle sale della Glyptothek di Monaco – la mente corre facilmente alla visione illuminata del grande archeologo tedesco Johann Joachim Winckelmann quando nei suoi Pensieri sull'imitazione delle opere greche in pittura e scultura scrisse: “Come il mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l'espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un'anima grande e posata”. Ed è proprio il profondo blu oltremare, così fortemente caro alle civiltà mediterranee, a permeare oggi la ricerca di Pignatelli, giunta forse al suo traguardo più maturo, dopo anni di navigazione nell’inconscio collettivo in cui passato, presente e futuro si mescolano e si fondono per stratificazioni raccontando una storia, la nostra, che poggia le sue fondamenta proprio nel mondo greco per poi immergersi nelle latitudini più disparate di Oriente e Occidente.

Archeologia e modernità sono le due anime complementari che, in questa grande mostra (come in tutto il lavoro precedente) contraddistinguono l’identità di uno degli artisti italiani contemporanei più riconoscibili e al contempo più riconosciuti. Figlio d’arte (il padre Ercole ha appena terminato il “suo” Guernica a Palazzo Reale di Milano) e una formazione in architettura baciata dall’influenza del maestro Aldo Rossi, Luca coltiva il suo pensiero artistico nei grandi spazi di una ex officina meccanica milanese, trasformata in un grande laboratorio alchemico denso di un bagaglio iconografico da cui trae origine e spinta dall’archeologia del contemporaneo; libri rari, antiche cornici che fanno da supporto alle sue grandi tele industriali, reperti architettonici, fotografie storiche, modernariato tecnologico, cartoline e immagini ritagliate, sono il materiale che prima o poi si immergerà nelle sue monocromie – ieri bituminose, oggi cobalto – per dare vita alle sue suggestive narrazioni. “Muse” mai fu titolo più appropriato per la scelta della mostra alla Glyptothek, museo costruito dall'architetto Leo von Klenze nel 1830 per realizzare il grande sogno di re Leopoldo I, quello di fondare un’”Atene del Nord” frutto della sua grande collezione di scultura greca e romana, così come la maestosità di un tempio classico è quella che richiama la facciata del museo.

Al suo interno, le Muse di Pignatelli, ritratti di dee emblematiche di un mondo nostalgico e al contempo così presente nel nostro dna, emozionano e dialogano con le sculture classiche della collezione tedesca, tra cui primeggiano capolavori mondiali come i busti degli imperatori Nerone e Augusto e il Fauno Barberini. Le teste delle Muse, gli Eroi, i Dioscuri, Afrodite e Mitridate ci guardano dalle tele grezze del consueto monumentale formato, tele industriali di recupero, oppure – per contrasto - da tappeti persiani, metafora dell’inscindibile amore-odio tra Oriente e Occidente.

In un’altra sala, un gigantesco collage di carte (altra materia prediletta da Pignatelli) raccontano la genesi di un lavoro che attraversa la Storia tra disegni, fotografie e pagine di libri, un mare magno, anch’esso, di associazioni libere, mille strade che conducono all’arte.

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