Politica

Asili nido, nel Nord si spendono 1.500 euro per bambino, nel Sud 577

Dall'indagine della fondazione Civicum sui servizi all'infanzia emerge un'Italia a due velocità in cui Trento stanzia 2.500 euro per bimbo e Napoli meno di 500. Solo il 14,6% dei bambini ha la possibilità di frequentare un nido, contro l'obbiettivo europeo del 30%

In Italia il 14,6% dei bambini ha la possibilità di frequentare un asilo nido comunale o convenzionato. E la media nazionale già bassa (sicuramente rispetto all'obbiettivo europeo del 30%) scende in picchiata al Sud: 3,6% a Palermo e 2,9% a Napoli. Questi sono fra i dati che colpiscono di più scorrendo i risultati dell'indagine condotta dal Politecnico di Milano per la fondazione Civicum su quell'importantissimo servizio pubblico dedicato all'infanzia (e quindi anche alla famiglia) rappresentato dagli asili nido.
L'analisi - che ha preso in considerazione la rilevanza degli asili nido nelle priorità politiche, il costo di gestione, il numero di posti, la tipologia dei servizi e il costo per gli utenti - si è concentrata su 19 Comuni nei quali risiedono 9,4 milioni di abitanti (il 16% della popolazione italiana) e nei quali i bambini tra zero e tre anni di età, potenziali fruitori degli asili nido, rappresentano il 3,5% della popolazione.
Le città più giovani sono Napoli e Palermo, dove i bambini superano il 4% della popolazione e dove i Comuni spendono di meno per gli asili nido facendo registrare, paradossalmente, i costi di gestione più alti. La loro spesa di 12 mila euro per posto disponibile è del 30% della media nazionale. La città meno giovane è Cagliari, dove sono appena il 2,5%.
La spesa media per utente potenziale (cioè per ciascun bambino residente) nei Comuni del Nord è superiore a 1.500 euro per ogni bambino, mentre nei Comuni del Sud è di 577 euro, per una media nazionale di 1.242 euro. Il picco è rappresentato da Trento (2.500) mentre i valori più bassi sono quelli, inferiori a 500 euro, di Campobasso, Palermo e Napoli.
La spesa media per ogni posto disponibile, invece, è di 8.775 euro e «nasconde» i valori massimi già citati di Napoli e Palermo (vicini ai 12.000 euro) e quello minimo di Campobasso (pari a 4.700 euro).
Come abbiamo detto, il 14,6% dei bambini residenti in Italia ha la possibilità di frequentare un asilo nido comunale o convenzionato. Se la percentuale al Sud precipita sotto il 3%, a Bologna e Firenze, con il 27,8% e il 24%, il dato è vicino all'obbiettivo europeo del 30% anche se resta lontano da quello di città europee come Madrid (oltre il 35%) e Berlino (oltre il 40%).
Fra gli indicatori della qualità del servizio sicuramente importante è il numero di bambini seguiti da ciascun educatore. Mediamente, ogni 100 posti in asili nido vi sono 22 educatori. Il dato più alto si registra a Cagliari, con oltre 40 educatori ogni 100 posti, mentre a Potenza e Campobasso i valori sono i più bassi, con 16 e 11 educatori per 100 posti. Potenza, insieme a Napoli, fa registrare anche il valore peggiori in termini di disponibilità oraria: il nido è aperto solo 7 ore, contro le 10,5 ore di Milano, Brescia, Firenze, Bolzano e Bologna e le 11 ore di Trento.
Quanto al costo del servizio per l'utente, il confronto è reso complesso dalle diverse tariffe che dipendono dalla capacità contributiva delle famiglie. Tuttavia emergono differenze sensibili: una famiglia di 3 persone con un reddito lordo annuo di poco inferiore a 45.000 euro spende circa 400 euro al mese a Trento e a Bolzano, mentre ne spende 100 a Napoli e meno di 150 a Roma. Questi dati sono stati forniti da Cittadinanza Attiva. La copertura dei costi a carico dell'utente va dal 4% di Bologna al 66% di Novara, per una media nazionale del 22% (dati Cittadinanza Attiva).
È importante sottolineare che nel periodo 2001-2007 i residenti tra 0 e 3 anni nei Comuni analizzati sono aumentati di oltre il 6%, facendo crescere parallelamente la domanda di asili nido.

Questo valore, particolarmente accentuato a Milano (+20%) e Roma (+18%), presenta dinamiche fortemente differenziate; nel Centronord (caratterizzato da servizi all'infanzia indubbiamente migliori), si è avuta mediamente una crescita superiore al 10%, a fronte di una diminuzione del 2,5% nell'Italia meridionale e insulare.

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