«Più che per dar loro una mano, sembra che siamo qui per accopparli». Non scherza affatto una delle due dottoresse sedute al tavolo della commissione per le invalidità del II distretto della Asl Roma B. Sono da poco passate le tre del pomeriggio e nella stanza cinque della sede di piazza dei Mirti, la stessa del «Tribunale per i diritti del malato», il caldo è soffocante. Laria condizionata non esiste, i diritti nemmeno, e i ventilatori fanno soprattutto rumore. Dietro il corridoio, ad aspettare boccheggiando con il numeretto in mano e un occhio fisso allorologio, due decine di persone tra accompagnatori, anziani, cardiopatici e malati terminali di cancro. Tutti convocati dallazienda sanitaria a quellorario improbabile per accertarne o confermarne la reale infermità. Tutti obbligati a rispondere alla chiamata dopo due mesi dattesa o a presentare, in caso di impedimento serio, un certificato medico. Uguale identico a quello che si portava a scuola in caso di assenza prolungata. E il caldo, a parere di chi gli appuntamenti li ha fissati a mezzogiorno o alle due e mezzo, non è affatto un impedimento serio.
Sono perplessi e un po storditi questi anziani di periferia: da una parte la Asl Roma B sembra avere a cuore la loro salute, fa volantinaggio e pubblica sul suo sito internet inviti a restare a casa dalle 11 alle 18 con le tapparelle rigorosamente abbassate. Dallaltra li costringe a uscire, a sottoporsi a sbalzi di temperatura, spostamenti forzati e ad attese annaffiate di sudore. «È una grossa incongruenza valutare una patologia in un orario incompatibile», ammette subito il dottor Manduca, presidente della commissione. «Ma non dipende da noi - spiega - le decisioni le prende la segreteria dellufficio Invalidi civili di viale Bruno Rizzieri». «Il 30 giugno andrebbe sospeso tutto», aggiunge un collega. «È dal 2006 che non ci pagano i rimborsi, la mattina presto dobbiamo fare altri lavori», cerca di giustificarsi un altro.
Mentre loro, i malati e gli anziani, non hanno la forza nemmeno per lamentarsi. Tonio racconta che non è la prima volta che è stato convocato nel primo pomeriggio. «Laltra mi sono preso la febbre», dice mentre si asciuga il viso con un fazzoletto senza mai togliersi il cappello.
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