Roma

In Asl e ospedali arrivano i tagli decisi da Marrazzo

Antonella Aldrighetti

Prolifera la quota delle «gaffe sanitarie» commesse dalla giunta del presidente della Regione Piero Marrazzo a ridosso dei primi 100 giorni di governo. Per leggerezza o buona fede che sia, gli accadimenti del presente non lasciano adito a dubbi almeno per quanto concerne il capitolo di risorse finanziarie dedicate al comparto della salute pubblica. Solo 225 milioni di euro peraltro non concordati assieme ai direttori generali dei presidi sanitari: asl, ospedali e istituti di ricerca.
Perché tra i provvedimenti licenziati dalla giunta ulivista non può passare inosservata la linea impositiva della delibera che definisce i budget aziendali per l’anno corrente e che, almeno fino al 2004, venivano fissati non solo secondo le esigenze operative delle singole strutture, ma anche in base alla programmazione che ciascuno aveva prefissato e gli obiettivi da raggiungere. Contando pure che tra le poste di esercizio finanziario «ci sono voci comprimibili e altre incomprimibili ossia impossibili da scontare - ha spiegato il vice presidente del Consiglio regionale Andrea Augello - un esempio può consistere nei servizi dei Dea ospedalieri, la cui spesa si può conteggiare solo a consuntivo finito».
Vabbé che l’ex mezzobusto Rai fino a oggi è andato avanti nella gestione della «cosa pubblica» come un caterpillar, pestando i piedi alla sua stessa maggioranza sui più disparati argomenti (dalle nomine dei nuovi direttori generali delle Asl fino ai premi stipendiali per chi gli cura il comparto comunicazione passando per la concessione delle auto blu anche a chi non ne avrebbe avuto, per regolamento, diritto), ma arrivare a gestire addirittura la salute dei cittadini in modo così «innaturale» sarebbe al limite del paradosso. Vero è che da un lato i «vecchi» manager sono stati rimossi per cui, contando che la delibera di cui parliamo è del 18 luglio, erano ormai di «marginale» considerazione ma allora, a rigor di logica, la concertazione sul contributo in conto esercizio avrebbe dovuto essere in capo ai nuovi nominati. E invece no. Il diktat, proclami a parte, è disceso semplicemente dall’alto della «casa di vetro» senza chiedere consiglio a nessuno. È probabile che la risposta sia nel bisogno forsennato di far passare per buona la «razionalizzazione» delle spese. Ma se le cose stanno così, la parola razionalizzazione è meglio leggerla sotto la locuzione «tagli» alla sanità regionale. A rimetterci le penne sarà il personale impiegato e i servizi ambulatoriali in genere. Certo però che in questa corsa contro il tempo, almeno è quello che la giunta di centrosinistra vorrebbe far credere quando ha «straparlato» del bisogno di ripianare il deficit ereditato da Storace, ha perso il treno dei finanziamenti aggiuntivi, messi a disposizione proprio dal ministero della Salute per i piani di prevenzione (21,6 milioni) e l’aggiornamento professionale del personale medico (4,5).

Un bonus complessivo di 26 milioni che sarebbe stato incassato se, entro il 30 giugno, la giunta Marrazzo avesse presentato i cosiddetti Ecm e le programmazioni entro il 31 luglio.

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