Sanità malata, che funziona al contrario. Sperpera i soldi del pubblico, autorizza strutture, le chiude quando sono efficienti, e le paga anche quando sono vuote.
Il caso della «Raphael srl», comunità terapeutico riabilitativa a carattere residenziale e semiresidenziale che ospitava 40 pazienti psichiatrici nel territorio della Asl Rm/E, è lesempio di come un gioiello venga discriminato dal sistema sanitario regionale, dopo aver inspiegabilmente buttato milioni di euro.
La comunità, nata nel 1998 su richiesta della Rm/E per permettere il superamento del S. Maria della Pietà come stabilito dalla legge 180, ha aperto nel 2000 in base a una convenzione, per 700mila euro lanno, prorogata fino al 2013 dalla RM/E. Questa, con il suo personale, si occupava dei servizi socio sanitari riabilitativi mentre la Raphael, dellassistenza di tipo alberghiero. Qui il primo illecito: la Asl, infatti, ha preteso lavvio dellattività, impegnandosi per iscritto con la società a far arrivare al più presto lautorizzazione regionale. Ma questo non è avvenuto per anni, nonostante fiumi di lettere da parte del procuratore speciale della Raphael, Oreste Zambrelli, che otteneva come risposta continue rassicurazioni dallazienda sanitaria. Ancora prima dellapertura, il condominio Sakkara che ospitava la struttura, aveva diffidato la Asl dallaprire, perché il regolamento di condominio vietava di adibire gli immobili a uso sanitario. Nel 2001, così, arriva la citazione in giudizio per la Asl e la Raphael. La Rm/E si costituisce regolarmente in giudizio a fianco della società. Ma nel febbraio del 2002, quando un infermiere di una delle cooperative a cui la Asl aveva appaltato lassistenza dei degenti, denuncia soprusi verso i pazienti, Zambrelli segnala il caso a Regione e Asl Rm/E. Una correttezza che piace poco alla Asl, forse perché tira in ballo le cooperative prescelte.
La querelle condominiale intanto prosegue in Tribunale, mentre la Raphael lavora regolarmente. Nel 2004, però, il colpo di scena. La Asl, violando la legge Basaglia che vieta il riutilizzo degli ex ospedali psichiatrici, decide di riportare i pazienti al Santa Maria della Pietà. E lo fa utilizzando lespediente del cambio di nome. Così gli stessi assistiti a volte si ritrovano sotto «Medicina di base», sotto il «Dipartimento salute mentale» e per rispedirli al Santa Maria della Pietà si usa lespediente di trasferirli a «Fisica e di riabilitazione»: in pratica come se fossero disagiati mentali che fanno ginnastica.
La Raphael, però, per 8 mesi continua a incassare i soldi della convenzione per una struttura ormai deserta in base allaccordo «vuota per piena». Zambrelli scrive di nuovo alla Regione, per sollecitare linvio di nuovi pazienti, segnalando lo sperpero di denaro pubblico. Inutile, non ottengono risposta. Il 19 luglio 2004, la Rm/E sospende anche i pagamenti. Ma due giorni dopo, dalla Regione giunge lattesa autorizzazione, che significa la ripresa della sovvenzione. Questo indispettisce qualcuno, così quando la Raphael si trova a dover dare ricorso in appello contro il condominio, che nel frattempo ha vinto la prima causa, si trova contro la Rm/E. Lazienda, infatti, fa marcia indietro, schierandosi con il condominio e sostenendo la «pericolosità per i terzi dei pazienti». Una dichiarazione di discriminazione pesante.
Intanto lepilogo della storia è che la struttura della Raphael è vuota, perché i responsabili hanno avuto la «colpa» di essere troppo limpidi. Ma si spera che lo resti ancora per poco. Sulla vicenda, infatti, cè un fascicolo dinchiesta nelle mani del pm Maria Cristina Palaia, che contiene anche le prove di un tentativo di corruzione da parte della Asl nei confronti della Raphael. Uninchiesta, che da tre anni non si muove, tanto che lo stesso senatore Gramazio si è rivolto al ministro della Giustizia Angelino Alfano chiedendo spiegazioni sul perché di tale ritardo. Come se non bastasse, cè anche una denuncia sporta dallo stesso Zambrelli, per danno erariale alla Corte dei Conti.
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