Ieri Natalia Aspesi ha vergato per la prima pagina di Repubblica una pregevole articolessa intitolata «A che serve Venezia senza un capolavoro?». Dallalto della sua autorevolezza di decana della stampa specializzata, la signora grande firma del cinema italiano ha almanaccato sul nome della Mostra veneziana (la cui specificità era stata sottolineata anche su queste colonne), suggerendo di espungerne il termine Arte. Oppure, ha sfotticchiato sapida, si potrebbe chiamarla «Mostra del Divertimento Cinematografico, che piacerebbe anche a molti ministri, da Gelmini a Bondi, per i quali il divertimento è cristiano e di destra mentre il pensiero è ateo e di sinistra». In fondo, pur di schizzare con un po di veleno i ministri berlusconiani si può anche scrivere che una Mostra degna del suo nome e del suo passato dovrebbe essere allestita attorno al «commovente grido di un talento sconosciuto» a costo di scovarlo nel deserto del Gobi, dove peraltro è ambientato Le fossé di Wang Bing passato ieri, o nel Laos. Mentre, la suddetta rassegna non si giustifica con film come La passione di Mazzacurati o Somewhere. Ai quali, peraltro, girata pagina, la stessa signora Aspesi assegna cinque pallini (come anche a Post mortem). Nel giro di due giorni, però, il film della Coppola è stato retrocesso di un pallino, declassanto da «indimenticabile» a «da non mancare». Sarà per questo che parlando di «palline e stelline assegnate velocemente» a fine proiezione le descrive come una «diavoleria moderna»? Mah.
Comunque sia, al di là del «divertimento» e del «pensiero» che, potrà sembrare strano ma possono perfino convivere, il fatto è che le valutazioni del Giornale e di Repubblica sui film visti finora sono sorprendentemente simili. Però, mentre a noi il nome della Mostra va bene così comè, la signora lo vuole cambiare. Non sarà perché, come si dice, potrebbe far parte della giuria del prossimo Festival del Cinema di Roma?
MCav
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.