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Aspettando sua maestà la chitarra

Il re ha 84 anni e un sacco di acciacchi ma non molla lo scettro e neppure la chitarra. Unica concessione al passare del tempo, suona seduto, ma continua a far luccicare le corde della sua Gibson attraverso i suoi assolo stilizzati ed eleganti che tutti hanno provato (senza riuscirci) ad imitare. B.B. King apre mercoledì prossimo al teatro degli Arcimboldi la sua nuova tournée italiana; ogni volta da qualche anno dice che è l’ultima. «Dopo ogni spettacolo sono stanchissimo - racconta - ho il diabete e gli anni si fanno sentire, quindi dico “chi me lo fa fare?” ma poi corro a dormire in albergo e il giorno dopo sono nuovo. Gli spiriti buoni del blues mi difendono da quelli cattivi, non voglio che mi portino via la gioia di vivere».
E più invecchia, più suona, più tutte le star gli corrono dietro. A fine estate, dopo la tournée, entrerà in studio di registrazione per lavorare al nuovo disco degli U2. Bono gliel’ha chiesto di persona, da buon allievo che si rivolge al maestro. «Io e Bono ci conosciamo da molto tempo; fu lui a propormi la prima collaborazione. Scrisse When Love Comes to Town e disse che era il brano ideale per un duetto. Mi conquistò perchè era una canzone che parlava di Gesù crocefisso. Dunque, due mesi fa Bono mi ha telefonato un’altra volta chiedendomi di suonare nel prossimo cd degli U2. Faremo quasi sicuramente un altro duetto ma la mia non sarà una collaborazione estemporanea; suonerò in molti pezzi. Non vedo l’ora». Che entusiasmo dopo aver conquistato il mondo, lui che guidava un trattore laggiù nel Mississippi (ma era un altro mondo), che ha vissuto agli angoli della strada chiedendo l’elemosina strimpellando una chitarrina rossa da 15 dollari cercando di imitare il cugino Bukka White (grande bluesman acustico), lui che cantava il gospel nelle chiese prima di diventare popolare dj radiofonico. «Poi nel ’49 - racconta compiaciuto - in parte folgorato dallo stile di T. Bone Walker, in parte perchè volevo che i miei canti, sia di gioia che di disperazione, dessero una specie di scossa a chi li ascoltava, imbracciai la chitarra elettrica e la scelta mi ha portato fortuna». Dal ’50 con Mistreated Woman, You Know I Love You, Woke Up This Morning e molte altre infila un impressionate serie di registrazioni di brani che diventeranno classici. Il suo stile si caratterizza sviluppando l’espressività degli umori rurali in una chiave più elaborata, ricca di ritmo e vicina al rhythm’n’blues. Il primo a trovare un linguaggio multietnico. Suonò persino con Pavarotti che disse in nostra presenza: «B.B. King è meraviglioso ma è anche l’artista con cui è più faticoso lavorare perché usa le blue note e tanti suoni meravigliosi ma impossibili da riprodurre sullo spartito». Anche King, se gli si parla dell’Italia, ricorda soprattutto Pavarotti e Papa Wojtyla. «Ricordo l’emozione di accompagnare Pavarotti e la serata in Vaticano in onore di Papa Wojtyla: ci abbracciammo e gli regalai la chitarra, non lo dimenticherò mai». Ma non gli ha regalato Lucille, la mitica chitarra che chiamò così dopo averla salvata da un incendio rischiando la vita. «Me l’hanno rubata, il più grande dolore della mia vita, ma ora ho le sue figlie che amo come l’originale e gli ho donato una di quelle».

La musica moderna non lo fa impazzire, forse è per quello che non molla la presa: «Senza blues non ci sarebbe una sola nota rock. Oggi i musicisti sono bravissimi ma si imitano tutti. Mi ha colpito Amy Winehouse, ha una grande personalità nel riprendere il suono nero degli anni ’50».

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