Assalto dei cinesi all'Europa E negli Usa scatta l'allarme

Assalto dei cinesi all'Europa E negli Usa scatta l'allarme

E due: dopo Geely-Volvo ecco Dongfeng-Psa Peugeot Citroën. La Cina avanza inesorabilmente in Occidente, e non solo espandendo le sempre più numerose «China-Town» nelle città o facendo incetta di griffe e attività commerciali. Alla Cina, inoltre, non basta più essere anche il primo mercato mondiale come numero di auto vendute (quasi 22 milioni nel 2013), ma la nuova tappa della sua strategia passa attraverso la conquista dei più importanti marchi del settore, approfittando della crisi in cui sono piombati. È successo per Volvo, passata di mano nella primavera del 2010 (Geely si è presa la casa svedese praticamente a prezzi di saldo - 1,8 miliardi di dollari - circa un terzo di quanto aveva pagato Ford nel 1999) e poche settimane fa è toccato alla francese Psa arrendersi ai già alleati di Dongfeng che, insieme all'Eliseo, hanno di fatto assicurato un futuro al costruttore caduto in disgrazia.
Al Salone dell'auto di Ginevra, che aprirà la prossima settimana, sarà con tutta probabilità facile notare, negli stand di Peugeot e Citroën, aggirarsi qualche manager cinese. E c'è da chiedersi che cosa possa pensare Thierry Peugeot, rimasto presidente del consiglio di sorveglianza del gruppo, che in pochi giorni ha visto la sua famiglia perdere dopo due secoli il controllo della società.
La strategia dei colossi di Pechino è chiara: entrare in Europa e poi negli Stati Uniti e in America Latina sfruttando le joint venture in corso con le case occidentali e, quando si presenta l'occasione propizia, tentare il blitz come nei casi di Volvo e Psa. Un'azione a tenaglia, visto che altri produttori dello sterminato Paese asiatico hanno deciso di sbarcare in Europa autonomamente, come Qoros - reduce da una una campagna acquisti di manager internazionali, in prevalenza sottratti a suon di milioni alle case automobilistiche tedesche, e i cui modelli sono disegnati e progettati in Europa - che a Ginevra esporrà la sua gamma. Oppure come Great Wall, i cui Suv sono distribuiti in Italia dalla società bresciana Eurasia (in marzo è annunciata un'altra novità per il nostro mercato: il Suv H6 costruito in Bulgaria, che va ad aggiungersi alla city-car, a un altro Suv e al pick-up). Great Wall è l'unico gruppo cinese che ha un proprio stabilimento nel Vecchio continente.
I cinesi dell'auto, a questo punto, l'Europa li ha già in casa ed è presumibile che, nel momento in cui questi costruttori avranno migliorato la qualità dei loro prodotti grazie al know how fornito dagli occidentali, scateneranno una battaglia dei prezzi che creerà non pochi problemi alle case tradizionali.
Il presentimento palesato tempo fa, in un convegno a Traverse City (Michigan), da Sergio Marchionne, ad di Fiat Chrysler Automobiles, è di fatto realtà: «Nessuno, a torto, si preoccupa dello sbarco dei cinesi in Occidente...». L'Europa, infatti, non sarebbe altro che il passo che precederà la grande invasione americana da parte di Pechino.

«Sono abilissimi - spiega una fonte -: entrano dalla porta di servizio, comprano azioni di altri, sfruttano il know how, studiano il mercato Usa e poi sferrano l'attacco». A Birmingham, nell'area metropolitana di Detroit, la Saic ha già impiantato una base, off-limits a giornalisti e curiosi. Potrebbero partire da qui.

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