Assessore in Guatemala

Missione incompiuta. San Giovanni Lupatoto è una cittadina alle porte di Verona delimitata da un triangolo delle Bermude non meno pericoloso, per i golosi, di quello che inghiotte i naviganti nell’Atlantico. Ai vertici del triangolo ci sono tre rinomate industrie alimentari: Melegatti, che inventò il pandoro nel 1894; Vicenzi, che produce biscotti, savoiardi, salatini (le Minivoglie offerte sui voli Alitalia, ma anche le merendine Mister Day, appena rilevate da Parmalat); Rana, che non ha bisogno di presentazioni. Una volta mi capitò di dedicare un ampio servizio a tutte e tre su una rivista. Credete che durante la visita gli eredi di Domenico Melegatti mi abbiano offerto un caffè o un pandorino? Manco un bicchier d’acqua. Con Giovanni Rana è diverso. Altra pasta, è il caso di dirlo. Siamo amici da una quindicina d’anni. Ma non ricordo d’aver ricevuto lo scorso Natale i suoi cappelletti da fare in brodo, e neppure il precedente Natale.
La premessa è finalizzata a dimostrare che da queste parti si coltiva la parsimonia. Ma poiché San Giovanni Lupatoto è governata da una coalizione equa e solidale, la Giunta comunale ha stanziato 1.500 euro per il «sostegno alla educazione e conservazione ambientale nel dipartimento di Huehuetenango», che si trova in Guatemala. Fin qui niente di male, anche se si fatica a comprendere come la laboriosa comunità veneta possa essere interessata alle problematiche dello smaltimento dei rifiuti di una cittadina di 71.000 abitanti situata a 9.700 chilometri di distanza.
Il fatto è che gli amministratori comunali di San Giovanni Lupatoto non si sono limitati al contributo. No, dopo qualche mese hanno anche spedito un assessore a verificare lo stato d’avanzamento del progetto, che aveva come obiettivo «la diminuzione della povertà e dell’esclusione sociale grazie alla promozione di iniziative di salvaguardia ambientale». Durata del viaggio (faticosissimo, secondo l’interessato): dieci giorni. Spesa a carico della collettività: 2.500 euro. Ricapitolando. Una Giunta civica impiega 1.500 euro per impedire che si gettino le immondizie in strada dall’altra parte del mondo e 2.500 per sincerarsi d’averli spesi bene. Ma, dico io, non era meglio investirne 4.000 a fondo perduto, a Huehuetenango, e mettersi l’anima in pace?
In Italia ci sono più o meno 8.100 Comuni, tra grandi e piccoli. Immaginate che tutti siano permeabili – e lo sono, fidatevi – a questi slanci di stolido solidarismo. Calcolando un’uscita di 4.000 euro a testa, la somma minima da mettere in bilancio a fine anno sarebbe pari a 32,4 milioni di euro, quasi 63 miliardi delle vecchie lire. Poi c’interroghiamo su come si forma il debito pubblico.
L’aspetto più indecente della faccenda è che un mese fa quattro ispettrici italiane inserite dalla Ue nell’Aceh monitoring mission non sono potute partire per l’Indonesia, dove avrebbero dovuto verificare in che modo vengono spesi i 1.040 milioni di euro versati dall’Unione europea ai Paesi colpiti dallo tsunami. Motivo: a Bruxelles non avevano 3.000 euro per il volo aereo Roma-Giakarta-Aceh. «Dovreste pagarvi il biglietto», è stata l’imbarazzata comunicazione che le funzionarie hanno ricevuto dal nostro ministero degli Esteri al momento di partire. Tre sono rimaste a casa. Solo per una di loro si sono infine scovati i 3.000 euro, grattando il fondo del barile della Protezione civile. Ma giusto perché il Consiglio europeo l’aveva nominata vicecapo della missione e non potevamo rischiare una figuraccia internazionale.
Nei giorni scorsi ho avuto l’onore di consegnare il XXIV premio Masi per la Civiltà veneta a Giuseppe Bertolaso, il medico di origini veronesi che dirige la Protezione civile. Grazie per quello che fa, gli ho sussurrato stringendogli la mano. Avrei dovuto dirgli: scusi tanto per quello che i Comuni della sua e della mia provincia non le lasciano fare.
TAGLIATORI DI TESTE. Quotidiani, televisioni, radio, agenzie di stampa insistono sul fatto che l’overdose risultata quasi fatale a Lapo Elkann sarebbe stata provocata «da una partita di cocaina o di eroina tagliata male». Se la roba è tagliata bene conviene dunque drogarsi?
FIGLI DI PAPÀ. «Raspelli fa la ribollita in famiglia» ironizza L’Espresso nella rubrica Affettuosità giornalistiche. La frecciata è indirizzata al nuovo mensile di enogastronomia Buffet, che ha il critico Edoardo Raspelli come garante del lettore e i suoi figli Matteo e Simona fra i collaboratori. Vai avanti di 190 pagine nello stesso numero dell’Espresso e chi recensisce la nuova Guida dell’Espresso dedicata ai ristoranti d’Italia? Jacaranda Caracciolo Falck, figlia di Carlo Caracciolo, editore del medesimo Espresso e della medesima guida. Bisognerà alzare il punteggio alla ribollita in famiglia. In ogni caso chi ha deciso che ai figli è vietato il mestiere dei padri? (A scopo preventivo, dichiaro di scrivere per Buffet e di sentirmi legato da affettuosità giornalistica sia a Raspelli sia a Enzo Vizzari, l’eccellente collega che lo ha sostituito alla direzione della Guida dell’Espresso. E anche a Paolo Marchi, e a Camillo Langone, e a Paolo Massobrio, e a Luigi Cremona).
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Antonio Di Pietro risponde a una domanda sulle primarie del centrosinistra: «Per quanto mi riguarda, con la forza che mi daranno gli elettori, il 17 ottobre mi siederò sul tavolo dell’Unione». Perché quest’uomo deve sempre mettere i piedi nel piatto?
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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