Assolto il tecnico di Mediaset: «Non spacciava droga»

MilanoDa tecnico di Mediaset a spacciatore di droga: peccato che non fosse vero niente. La vita di Niccolò Grinzani cambiò di colpo all’alba di un giorno di novembre dell’anno scorso, quando i carabinieri bussarono alla sua porta di casa. E, dopo avergli perquisito l’abitazione, si fecero accompagnare sul luogo di lavoro: Mediaset, i giganteschi studios di Cologno Monzese dove Grinzani lavorava come tecnico. La sera del giorno dopo, il nome di Grinzani era su tutti i giornali, accusato insieme a due colleghi di essere diventato un pusher. Di avere affiancato al lavoro per il Biscione quello di venditore di «fumo».
Ieri, Grinzani è stato assolto con formula piena «per non avere commesso il fatto». Ma nel frattempo la sua vita è stata ribaltata. Mediaset, come era inevitabile date le circostanze, lo ha licenziato in tronco. Un pezzo di esistenza gli è stato portato via, e nessuno potrà ridarglielo. Tanto da rendere quasi ammirevole la reazione più che pacata del tecnico alla sentenza: «Sono contento, vuol dire che la giustizia funziona. Ed è stata anche abbastanza veloce».
Quel giorno di novembre, nei programmi dei carabinieri, Grinzani non doveva essere arrestato. Il suo nome compariva di striscio nelle carte di una inchiesta della Procura antimafia di Milano su un giro di trafficanti di droga, nel corso della quale erano emersi altri due dipendenti dell’azienda di Cologno Monzese. Tra i clienti dei due, si diceva, comparivano anche personaggi noti del teleschermo, abituati a frequentare gli studi di Mediaset e - secondo i carabinieri - a ivi rifornirsi di droga. Per Grinzani la Procura aveva chiesto solo un decreto di perquisizione. Ma quando i carabinieri gli chiesero di aprire l’armadietto sul posto di lavoro, saltò fuori dell’hashish. Nè poco nè tanto: sessanta grammi. «E questo cos’è?» «È roba mia, è per me». Non gli credettero e, d’intesa con la Procura, lo portarono in prigione.
Non fu una bella idea quella di imboscare il «fumo» sul posto di lavoro. Questo Grinzani lo ha sempre detto. Ma ha anche sempre giurato e stragiurato che quell’hashish era la scorta del suo lecito vizio personale. Ma intanto l'inchiesta andava avanti. La Procura lo incriminava, oltre che per la «detenzione a fini di spaccio» dei sessanta grammi, anche per complicità con i suoi colleghi accusati di rifornire star e mezze star. Poi, nel corso della stessa indagine, lo stesso pm chiedeva la sua archiviazione. Ma per quei sessanta grammi che gli avevano trovato nell’armadietto, la Procura lo ha mandato a processo, e il pm d’udienza ha chiesto per lui otto mesi di carcere.

Il suo difensore Agostino Crosti ha chiesto invece la sua assoluzione, spiegando per l’ennesima volta che non c’era nell’inchiesta nessuna traccia che dicesse che Grinzani vendeva droga negli studios per il semplice, banalissimo motivo che Grinzani non aveva mai fatto niente del genere. E, finalmente, il giudice ne ha preso atto. Assolto con formula piena.

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