Le follie dei generali. Non potrebbero essere chiamate altrimenti le ossessioni della giunta militare birmana tristemente salita in questi giorni agli onori delle cronache. Numeri, astri e fortuna, uniti a un visione dello Stato che ricalca perfettamente la Cina comunista di Mao, ed ecco l’ideologia che muove i «tiranni» (come li ha definiti Bush). Un paese dalle immense risorse naturali - il pregiatissimo legno teak e il «sangue di piccione», la più preziosa varietà di rubino - è devastato dalla superstizione. Niente in Birmania accade se non viene prima deciso dalle stelle o se la numerologia non fornisce il responso desiderato. L’ormai famoso spostamento della capitale da Yangon (prima Rangoon) a Naypyidaw avvenne il 6 novembre 2005 a un orario assurdo e folle: le 6.37 del mattino. Né un minuto prima né uno dopo, perché con gli astri i militari non scherzano. La decisione fu presa dopo il verdetto degli astrologi di palazzo che sentenziarono: o si sposta la capitale o accadrà il disastro. L’unico «impedimento» per evitare la fine era cambiare la sede del governo. Così fu fatto. Si iniziò a meditare dall’estate e ci vollero mesi per preparare il tutto perché anche il luogo che avrebbe dovuto ospitare la nuova capitale non fu scelto a caso: un altopiano disperso nella giungla dove non arriva la linea del fax. Poi si passò al giorno e infine all’ora. All’alba di quasi due anni fa, la limousine del generale Than Shwe, il presidente della repubblica, lasciò per sempre Yangon. Nel 2003, dopo che una nuova ondata di proteste fu placata, la giunta militare decise che le stelle andavano ringraziate con il più bello e forte degli animali: l’elefante bianco. Una spedizione partì con un solo obiettivo: riportare un esemplare in città perché la sua presenza avrebbe mantenuto la pace. Così si fece e, alle porte della capitale, fu anche costruito un tempio a lui dedicato. Puntualmente il regime fa delle spedizioni di ricognizione per verificare quanti sono questi talismani viventi.
L’attuale dittatura, sorella minore di quella cinese, e il suo tiranno non sono una novità per il popolo birmano. Il generale Ne Win, padrone indiscusso del paese dal 1962 al 1988, era fissato con la numerologia e le sue pazzie vengono ancora ricordate dopo vent’anni. Il 9 era la sua mania e lo ricercava in qualsiasi cosa. L’ossessione principale era la cattiva sorte e non nascondeva di praticare rituali che la tenessero lontano. Alcuni, come fare scongiuri in prossimità dei ponti lungo i fiumi, potrebbero far sorridere se non fosse che a farli fu un terribile dittatore che non era da meno del cambogiano Pol Pot. Ne Win sconvolse il paese ancora di più modificando il sistema economico, con tutti i relativi problemi che si possono immaginare. Nel 1987 il sistema decimale fu abolito e si passò a quello basato sul numero 9. Tutte le operazioni bancarie iniziarono a essere effettuate con multipli o divisori di questa cifra. Anche il sistema monetario venne stravolto: la moneta da 100 kyat venne ritirata e furono introdotto quelle da 45 e da 90.
L’altro famoso cambiamento a cui dovette assistere il paese fu quello dei nomi delle località, per cui Birmania divenne Myanmar e Rangoon cambiò in Yangon. Anche in questo caso la superstizione giocò il suo ruolo. Ufficialmente il paese adottò la nuova denominazione il 18 giugno 1989. L’annuncio alla popolazione però fu fatto qualche settimana prima, il 27 maggio, perché il 2 e il 7 del giorno, sommati, danno 9. Ne Win era stato deposto l’anno prima, ma la mania per questa cifra rimase nel generale Saw Maung che prese il suo posto.
La Cina è un modello di riferimento per il regime birmano, superstizione compresa.
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