Politica

Attacchi a Ciampi, Letta e Siniscalco In Forza Italia è scontro su Brunetta

Il consigliere economico di Palazzo Chigi contro i «tecnici» e il capo dello Stato «non eletto dal popolo». Ma Berlusconi e il partito lo condannano

Fabrizio De Feo

nostro inviato a Gubbio

Roboante, impetuoso, privo di ogni accenno di diplomazia, diretto come un fulmine e un tuono che esplodono a freddo, senza il preludio di un temporale, Renato Brunetta prende la parola a Gubbio e apre il caso politico di giornata. L’affondo arriva a metà pomeriggio. Un duro j’accuse che anima la seconda giornata della Frattocchie azzurra e apre un piccolo caso.
L’economista e consigliere economico di Palazzo Chigi scolpisce il suo «no ai poteri forti» e a chi fa politica senza conoscere e affrontare il territorio. Basta, quindi, con i ministri tecnici che indicano strategie. Una requisitoria che non risparmia nessuno e tocca a uno a uno Gianni Letta, Carlo Azeglio Ciampi, Gaetano Gifuni e Domenico Siniscalco. «La politica - avverte Brunetta - va fatta a viso aperto. Ciampi è una bravissima persona, è stato presidente del Consiglio ora è il presidente della Repubblica, ma non è stato eletto dal popolo. Non abbiamo governato a viso aperto ma abbiamo sempre accettato delle mediazioni, ad esempio con il Quirinale, per il timore di non essere accettati». La critica brunettiana su sofferma poi sulle nomine, «700 solo a palazzo Chigi. E quante di queste sono funzionali alla governance? Meno dell’un per cento». E ancora: «A Gianni Letta dico che la politica è un’altra cosa. È sentire la gente, rischiare. È orgoglio, è viso aperto, è andare a prendere i fischi in piazza come ha fatto Tremonti a Bologna...». Poi gli strali dell’economista dalla lingua veloce si rivolgono verso Domenico Siniscalco: «Non ci facciamo dettare la linea da un ministro tecnico che non ha nessuna legittimità democratica. Aridatece - dice in romanesco - Tremonti, pieno di difetti, pieno di Lega e di Bossi, ma almeno giocava nella nostra squadra».
L’applauso della platea di militanti azzurri che gremiscono l’Hotel dei Cappuccini è convinto. Ma tra i dirigenti di Forza Italia cala l’imbarazzo e la sorpresa. Salito sul palco subito dopo, Sandro Bondi gela il professore veneziano: «Questo non deve essere il luogo di confronto politico sull’attualità, ma per la formazione. Io apprezzo tutti gli interventi, ma non posso condividere chi fa riferimento a Gianni Letta. Siamo qui anche per i suoi meriti». Lo stesso coordinatore azzurro, poco dopo, fa una «telefonata di cortesia» a Gianni Letta, un colloquio che chiude subito il piccolo incidente. Un paio d’ore dopo è Silvio Berlusconi in persona a scendere in campo. Questa volta lo scudo verbale del premier viene innalzato a difesa di Carlo Azeglio Ciampi. «Il tentativo di coinvolgere il capo dello Stato in un dibattito di partito incontra la mia assoluta e totale condanna. L’alto ruolo istituzionale e le alte responsabilità del presidente della Repubblica non possono e non debbono essere mischiate a piccole polemiche politiche». Parole dure che vengono condivise da altri dirigenti azzurri. Il ministro per gli Affari Regionali Enrico La Loggia, ad esempio, giudica «assolutamente stupefacente nei toni e non condivisibile nei contenuti l’intervento di Brunetta». Rincara la dose il responsabile per i rapporti con il mondo cattolico, Francesco Giro che pure ammette un «disagio» che dimora nella base. «Con il suo attacco a Letta, Brunetta ha sbagliato bersaglio. Se tutti gli 11mila eletti di Forza Italia facessero in un anno quello che Letta fa in un giorno i nostri consensi passerebbero dal 20% al 40%. Letta, il 15 agosto, stava al lavoro al suo posto a Palazzo Chigi, e questo avviene da quattro anni». In un clima di complessivo imbarazzo, Alfredo Biondi evidenzia un aspetto positivo dello strappo del professore. «È stata sfatata la leggenda secondo la quale in Forza Italia non si discute e non si critica, che non possano esserci idee diverse» fa notare il vicepresidente della Camera. «Di certo in una sede di studio come questa non si fanno solo critiche ma anche proposte.

È più facile criticare che proporre, e l’80% del discorso di Brunetta era fatto di critiche e solo il 20% conteneva proposte, peraltro difficili e incomprensibili».

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