Attacco ai ghisa, Ferrante fa lo sceriffo La sinistra insorge e lui cambia idea

Attacco ai ghisa, Ferrante fa lo sceriffo La sinistra insorge e lui cambia idea

Gianandrea Zagato

La sinistra dell’«I care» non ci vuole credere. I pasdaran degli abracadabra del politicamente corretto sono ancora basiti da quell’uscita del loro aspirante sindaco: «I protagonisti dei fatti di piazzale Gabrio Rosa, in zona Corvetto, vanno condannati. La responsabilità penale è infatti una responsabilità personale».
Niente sconti, sostiene Bruno Ferrante, per quelli che il comandante dei ghisa definisce «bulletti di quartiere» e che, verbali alla mano, hanno aggredito una pattuglia dei ghisa «con lancio di ortaggi e uova marce». Episodio da affrontare «evitando di provocare inutili allarmismi» aggiunge il numero uno dei ghisa. Ma l’ex inquilino della prefettura a caccia di voti ha perso ogni residuo senso della misura e gettato alle ortiche l’eskimo che indossa se e quando gli fa comodo, Ferrante, si traveste da sceriffo e reclama «tolleranza zero». E, attenzione, lo fa da una sede davvero particolare come quella dell’Acli di via Della Signora dove si dibatte del terzo settore, del welfare che attende Milano.
Uscita «sconcertante» osservano i suoi supporter, habituée dello sdilinquimento buonista: «Sbaglia perché confonde Milano con Bologna, là un ex sindacalista si comporta da poliziotto, qui un ex prefetto deve dialogare, mediare, confrontarsi». Leitmotiv del comune sentire della sinistra che, nel tardo pomeriggio di ieri, costringe Ferrante a fare marcia indietro: «L’episodio mette in luce la necessità di un più attento presidio del territorio da parte delle forze dell’ordine, ma anche di una maggiore prevenzione del disagio giovanile nei quartieri milanesi». Virgolettato molto più soft rispetto all’esternazione mattutina, dove si parla di «precisa condanna nei confronti di coloro che hanno usato la violenza». Dichiarazione della serie «senza se e senza ma» che, sorpresa, smentisce pure quelle sue note in occasione delle primarie dell’Unione dove declinava «tolleranza zero» in «intolleranza per alcune forme di vita o per alcuni pensieri». Cambio di pelle dell’aspirante sindaco del centrosinistra quantomeno straordinario, mentre Letizia Moratti «condanna i fatti ma non le persone»: «I ragazzi vanno aiutati, capiti perché sono adolescenti in un’età difficile nella quale possono anche commettere errori» ovvero «occorrono politiche sociali che aiutino a prevenire queste situazioni di disagio, di difficoltà e di ansia di vivere che può sfociare in comportamenti devianti».
Anche questa è la solidarietà in salsa ambrosiana, dove «ripensare il sistema di “sicurezza sociale” significa recuperare pienamente quella dimensione personale che consente un intervento sociale libero, non burocratico, attento ai bisogni di ognuno» continua il candidato sindaco del centrodestra. Proposte accolte dal consenso, poiché «destinatari ed erogatori di servizio si troveranno più vicini di quanto lo siano mai stati col welfare tradizionale».
Quadro assai differente da quello che, sul tema, l’ex prefetto vorrebbe imporre a milanesi insieme al voto agli immigrati: «Sì, sicuramente sì al voto perché non sono cittadini di serie B, pagano le tasse e contribuiscono al progresso di questa realtà».

Lettura «da fuorilegge, senza rispetto delle regole» commentano dal centrodestra, dove Letizia Moratti propone per gli immigrati «politiche attive del lavoro», «servizi per l’apprendimento della lingua, dell’orientamento al lavoro» ma anche «un maggior coordinamento tra le forze di polizia locale con quelle dell’Ordine per il controllo dell’immigrazione». Ricette della Milano che valorizza ogni slancio individuale e offre diritti ma reclama il rispetto dei doveri.

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