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Un attacco al Papa dietro le false accuse del New York Times

L'ultima accusa parte dal «New York Times»: la storia di padre Murphy, un sacerdote sospettato di abusi su 200 bambini sordi in un istituto religioso. Secondo il quotidiano, Ratzinger e il cardinal Bertone lo hanno coperto. Ma è tutto falso

Un attacco al Papa
dietro le false accuse
del New York Times

«I leader della Chiesa scelsero di proteggere la Chiesa invece che i bambini... Alti funzionari vaticani - incluso il futuro Papa Benedetto XVI - non ridussero allo stato laicale un prete che aveva molestato qualcosa come 200 ragazzi sordi». Il nuovo attacco al Papa arriva puntuale dagli Usa e viene messo in pagina dal New York Times, che pubblica un ampio articolo, con annessi documenti online, dedicato al caso - tremendo - che vede coinvolto padre Lawrence Murphy, prete cattolico della diocesi di Milwaukee, cappellano in una scuola per sordi dal 1950 al 1974, accusato di aver abusato di decine di bambini. Nel mirino ci sono il Pontefice e il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che al momento in cui il caso venne presentato in Vaticano erano rispettivamente Prefetto e Segretario della Congregazione per la dottrina della fede.

Va detto subito che dai documenti emerge chiaramente che la Chiesa non insabbiò nulla, ma che fu la magistratura americana, dopo aver aperto un'inchiesta, a lasciar cadere le accuse, e quando la denuncia venne finalmente presentata all'ex Sant'Uffizio, quasi trent'anni dopo i fatti, si prese sul serio. Nonostante la lontananza temporale si decise di autorizzare un processo canonico, che poi però fu sospeso perché padre Murphy - il quale viveva ritirato dal 1974 - era gravemente malato. Morirà appena quattro mesi dopo l'ultimo scambio di lettere tra la Congregazionee il vescovo di Milwaukee.

La vicenda viene alla luce nel maggio 1974 quando un ex alunno della St. John's School, un istituto per non udenti, presenta una denuncia per gli abusi che lui e altri bambini avevano dovuto subire da padre Murphy nell'ultimo decennio. I loro racconti sono agghiaccianti. La magistratura americana indaga, ma il giudice archivia il caso. Le accuse vengono fatte cadere, non ci sono prove sufficienti per procedere. Il sacerdote viene allontanato dalla scuola, e si trasferisce nel Wisconsin, nella diocesi di Superior, dove continua ad esercitare il ministero sacerdotale aiutando un parroco del luogo. Emergono intanto nuove denunce di ex allievi della scuola e così nel luglio 1993 le autorità della diocesi di Milwaukee convocano padre Murphy e lo interrogano a lungo, anche con l'assistenza di psicologi esperti di pedofilia. Le vittime sono 29, Murphy ammette abusi su 19 di loro.

Le autorità diocesane continuano le loro indagini e il 17 luglio 1996 il vescovo di Milwaukee Rembert Weakland - esponente dell'ala «liberal» dell'episcopato, che sarà costretto a dimettersi nel 2002 dopo aver ammesso di aver avuto rapporti omosessuali - scrive al Prefetto della Congregazione della dottrina della fede, Joseph Ratzinger, chiedendo in che modo dovesse procedere con padre Murphy, il quale aveva commesso abusi anche durante il sacramento della confessione. Un delitto che rende competente sul caso l'ex Sant'Uffizio. Passano alcuni mesi prima che Roma risponda e intanto la diocesi va avanti per la sua strada aprendo un processo canonico contro il sacerdote per arrivare alla sua dimissione dallo stato clericale.

Il 24 marzo 1997, il Segretario della Congregazione, Bertone, risponde al vescovo avallando la decisione di procedere contro padre Murphy e di rendere giustizia e riparazione alle vittime. Nel gennaio 1998, è lo stesso sacerdote pedofilo a rivolgersi direttamente a Ratzinger, chiedendo che il processo a suo carico, ora gestito dalla diocesi di Superior, venga annullato per un vizio procedurale. Murphy si dichiara pentito, racconta di essere gravemente ammalato e di vivere ritirato in Wisconsin dal 1974. Chiede al futuro Papa di poter morire da sacerdote.

Nell'aprile successivo Bertone scrive al vescovo di Superior, Raphael Michael Fliss, spiegandogli che la Congregazione per la dottrina della fede, dopo aver esaminato la vicenda, ritiene che il processo possa continuare, e dunque non accoglie le eccezioni presentate dal padre Murphy. Bertone chiarisce però che la massima pena, la dimissione dallo stato clericale, dovrebbe essere comminata solo dopo che si sia verificata l'impossibilità di ottenere riparazione, giustizia e «l'emendamento del reo» con altri mezzi. Il vescovo Fliss risponde a Bertone spiegandogli che la gravità dello scandalo e il dolore delle vittime impongono di andare avanti con il processo.

Il 30 maggio, a Roma, si tiene un summit convocato appositamente per questo caso, al quale partecipano Bertone, l'allora sottosegretario della Congregazione padre Gianfranco Girotti, e i vescovi Weakland e Fliss. Questi ultimi dubitano del reale pentimento di padre Murphy, mentre Bertone ha delle perplessità sulla fattibilità del processo, e cioè sulla possibilità di ricostruire fatti accaduti più di trent'anni prima. Inoltre viene sottolineato che dal 1974 in poi non risulta alcuna denuncia o accusa contro il sacerdote. Si decide quindi di continuare a tenere Murphy ritirato e di agire per ottenere una sua piena assunzione di responsabilità e il suo pentimento, anche minacciando la dimissione dallo stato clericale. Poco dopo, il 21 agosto 1998, il sacerdote muore.

Non c'è dunque stato alcun insabbiamento, il caso è stato preso sul serio ed esaminato, Padre Murphy non è stato dimesso dal sacerdozio anche a motivo delle sue condizioni di salute. Ieri il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha ricostruito i fatti ribadendo che le norme canoniche non «hanno mai proibito la denuncia degli abusi» alle autorità civili, e ricordando che proprio queste avevano fatto cadere le accuse contro il sacerdote.

Durissimo è infine il giudizio de L'Osservatore Romano, che attacca «la tendenza prevalente nei media» di «trascurare i fatti e di forzare le interpretazioni», diffondendo l'immagine di una Chiesa quale unica responsabile di abusi sessuali.

Immagine «che è funzionale all'evidente e ignobile intento di arrivare a colpire, a ogni costo, Benedetto XVI e i suoi più stretti collaboratori».

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