Militanti del caos e finti ambientalisti senza radici locali. Ecco i nuovi No Tav

Le proteste: sempre più attivisti da fuori e l'appoggio di territori e sindaci è finito

Militanti del caos e finti ambientalisti senza radici locali. Ecco i nuovi No Tav
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Un movimento sempre meno radicato nel territorio piemontese, senza più i leader storici che hanno condotto le battaglie più dure e, soprattutto, senza l'appoggio delle amministrazioni del territorio. Ecco cosa è diventato in trent'anni, il movimento No Tav, nato come segnale di protesta pacifica contro la realizzazione della linea dell'alta velocità, diventato sempre più violento con il passare del tempo, sostenuto in maniera più o meno palese anche da una parte politica - come i 5Stelle e una parte dei dem - che da sempre hanno strizzato l'occhio ai No Tav per intercettarne voti e consensi. Ma il vento è cambiato e il giorno dopo gli attacchi ai cantieri di Traduerivi e Chiomonte e il blocco dell'autostrada A32 da parte di alcuni manifestanti, quello che rimane è la consapevolezza che dei No Tav di un tempo sia rimasto ben poco.

Mentre le indagini della Digos di Torino sono in corso per identificare i responsabili dei disordini, è dagli amministratori che si alza il grido più forte contro gli attivisti. Tutti concordano che tra le fila dei No Tav bardati a guerra, c'erano persone provenienti da Toscana, Liguria, Lombardia e anche Francia, mentre quelli dell'area torinese erano una minoranza. Lo zoccolo duro del centro sociale Askatasuna, il quartier generale dove in questi anni sono stati studiati in maniera meticolosa assalti, guerriglie e devastazioni, con metodi che la stessa procura ha definito "paramilitare". Ora la stanchezza e il ricambio generazionale hanno inferto un duro colpo ai No Tav e per essere ancora forte, il movimento ha dovuto chiedere aiuto ad attivisti "no local". L'assalto al cantiere della Tav è un classico della marcia in occasione del festival "Alta felicità" di Venaus, anche se negli ultimi anni gli animi si erano calmati: meno devastazioni, meno guerriglia. Ad agevolare questo cambio di passo sono state le amministrazioni dei comuni della valle Susa, passate dal centrosinistra - da sempre vicine al movimento - al centrodestra, merito anche di chi è stato tacciato dagli attivisti come "voltagabbana", cioè di coloro che negli anni hanno cambiato idea. Forse semplicemente molti di loro si sono sentiti più liberi di affermare il "Sì Tav", dopo la batosta elettorale dei grillini a Torino e l'arrivo della premier Meloni al posto di Conte.

Uno stop forzato agli attivisti è stato inferto dalle inchieste giudiziarie che hanno smorzato i toni più accesi e le proteste più violente, dando quasi l'impressione che il movimento No Tav si fosse ripiegato su se stesso. Non ci sono più i "soliti noti" diventati negli anni punti di riferimento per i più giovani, nessuna apparizione a sorpresa di Grillo o qualche politico più o meno conosciuto a sostenere che i violenti erano gli uomini delle forze dell'ordine. L'energia di un tempo sembra essersi esaurita e chi deve portare nuove forze alla causa, pare avere le idee abbastanza confuse. Gli oltre 5mila in corteo, stimati dagli organizzatori, sono un numero che stride con l'involuzione del movimento: è chiaro che non esiste più nulla o poco, della protesta originaria. Quelle che sabato hanno sfilato, bloccato, devastato, sono le nuove leve dei No Tav, che arrivano da lontano e, magari dopo una visita ad Askatasuna, hanno soggiornato alcuni giorni nei campeggi della Valle Susa, con petardi e lacrimogeni sotto la branda. Slogan urlati, bandiere e cartelli sventolati parlano di un miscuglio che va dalla causa ambientalista alla contestazione al Governo, dall'insulto al centrodestra al sostegno della Palestina.

I "nuovi" No Tav, più giovani dei loro predecessori, non sembrano avere a cuore la protesta contro un'infrastruttura che comunque modificherà un territorio, ma piuttosto sembrano essere animati dal sacro fuoco della contestazione a prescindere. Durante il corteo gridavano: "C'eravamo, ci siamo e ci saremo". In realtà per la maggior parte degli attivisti, quella di sabato è stata la loro prima sfilata a Venaus.

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