Attacco a terminal Agip in Nigeria, rapiti tre italiani

Commando a bordo di sette motoscafi assalta la stazione di pompaggio Brass, nella zona «calda» del delta del Niger. Nella sparatoria ucciso un bambino

Roberto Fabbri

Anche tre italiani si trovano loro malgrado coinvolti nell’ennesimo episodio di sequestro ai danni del personale degli impianti petroliferi nel delta del Niger, in Nigeria. Francesco Arena, 54enne siciliano di Gela dirigente dell’Eni, Cosma Russo (55 anni, di Bernalda in provincia di Matera) e Roberto Dieghi, contrattisti della società controllata nigeriana Naoc, sono stati rapiti ieri mattina presto da un commando di uomini armati durante un attacco a una stazione di pompaggio dell’Agip nello Stato nigeriano di Bayelsa; con loro è stato portato via anche un collega libanese.
Il ministero italiano degli Esteri ha attivato l’Unità di crisi e ha reso noto di aver preso contatti con le autorità nigeriane. Principale preoccupazione della Farnesina è che vengano adottate tutte le precauzioni «affinché gli italiani rapiti possano tornare in libertà evitando azioni che potrebbero metterne a repentaglio l’incolumità». Trattative per il rilascio sarebbero già state avviate dal governo regionale locale e non sembra che un’azione militare sia attualmente nelle intenzioni delle autorità.
L’assalto al terminal «Brass» dell’Agip è stato condotto verso le 6.15 da individui armati a volto coperto a bordo di sette motoscafi. L’irruzione è stata contrastata dagli addetti alla sicurezza dell’impianto, che hanno ingaggiato una sparatoria con gli aggressori. Questi ultimi hanno dato alle fiamme alcuni veicoli e hanno anche ucciso una persona, sembra un bambino nigeriano di otto anni, ospite della comunità che sorge vicino agli impianti dell’Agip, che è stato colpito da una pallottola vagante durante la ritirata degli assalitori. Altre persone del posto che si erano avvicinate alla scena dello scontro a fuoco sono rimaste ferite.
Secondo fonti militari locali i guerriglieri, resisi conto che l’assalto al terminal (dal quale ogni giorno vengono esportati circa 200mila barili di petrolio greggio) era sostanzialmente fallito, hanno deciso di cambiare obiettivo e si sono diretti verso la zona residenziale dove ci sono gli alloggi dei dirigenti e dei tecnici stranieri. Qui hanno sequestrato i tre italiani e il libanese.
Solitamente rapimenti come questo si risolvono positivamente con il pagamento di un riscatto, ma non sempre l’esito è stato questo: lo scorso 22 novembre le forze di sicurezza nigeriane attuarono un intervento a sorpresa per liberare otto dipendenti stranieri dell’Agip rapiti nell’area del delta; in quell’occasione un ostaggio britannico rimase ucciso e un italiano fu ferito.
La zona petrolifera del delta del Niger è ormai da tempo diventata molto pericolosa. Qui si concentra la maggior parte dei giacimenti che fanno della Nigeria l’ottavo esportatore mondiale di greggio. Nonostante una produzione giornaliera media di quasi due milioni e mezzo di barili al giorno, i tre quarti della popolazione nigeriana rimangono esclusi dai benefici di tanta ricchezza. Anche per questo hanno cominciato ad agire nella regione gruppi armati che rivendicano un maggiore controllo a livello locale dell’industria del petrolio. Alle azioni dimostrative si affiancano sequestri a scopo di estorsione, in un incrocio di motivazioni politiche e criminali.


A causa del sabotaggio nel delta la Nigeria perde mediamente un quinto della propria capacità produttiva nel settore del petrolio. Soltanto negli ultimi quattro mesi sono state rapite nella regione 56 persone e l’ultimo assalto a una nave Eni risale a due settimane fa.

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