da Milano
«Quella di antisemita è unetichetta che va usata con molta cautela e la via da seguire è quella della cultura e del dialogo». Anna Foa, docente di Storia moderna alla Sapienza di Roma e saggista riconosce che in alcuni slogan della sinistra alternativa negli atenei si ritrovano stereotipi antisemiti ma invita alla cautela.
Qual è la ragione di questa sua prudenza?
«Bisogna riconoscere che si tratta di episodi di odio anti-israeliano, anche se vengono usati stereotipi della scuola antisemita, come ad esempio lidea dellesistenza di una lobby ebraica. Dietro questo fenomeno cè la totale ignoranza di ciò che è stato il sionismo. Ecco perché, non conoscendo la storia, si può scivolare nellodio a priori contro lo Stato ebraico e nellantisemitismo. Detto questo però bisogna fare molta attenzione nel attribuire letichetta di antisemita...».
Perché?
«La posizione di chi tende a bollare come antisemita chiunque parli contro Israele non facilita certo il dialogo e la comprensione. Molti degli studenti che hanno impedito ai diplomatici israeliani di parlare sono convinti di lottare contro il più forte in favore del più debole, ritengono di difendere gli oppressi. E questo mi fa ancora più paura perché è difficile far comprendere dove sbagliano. Ma, al di là delle questioni di ordine pubblico da risolvere in quanto tali, ribadisco che tanti atteggiamenti sono basati sullignoranza. Quando però si riesce a dialogare si possono mettere in discussione alcuni pregiudizi. Ad esempio quello di chi dice che i palestinesi sono costretti a fare i kamikaze, anche se talvolta i terroristi suicidi hanno studiato alla Sorbona».
Lei vede comprensione per questi atteggiamenti nelluniversità?
«Certo che cè. Così come lantisionismo di alcuni gruppi cosiddetti alternativi dellestrema sinistra porta in sé il germe dellantisemitismo. Ma, ripeto, bisogna stare attenti perché se si commette lerrore di chiamarli tutti antisemiti si finisce col farli diventare tali.
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