Roma - La batosta subita da Sarkozy in Francia e la vittoria di Obama in Usa sulla riforma sanitaria fanno sognare la sinistra italiana: «C’è effettivamente un’aria buona, speriamo che arrivi anche qui», sospira Pierluigi Bersani. E Massimo D’Alema rincara: «Il populismo e la demagogia della destra non pagano più».
Ma il segretario del principale partito di opposizione sta bene attento a non alimentare alcuna illusione di «ribaltoni» prossimi venturi, ripetendo a ogni piè sospinto che queste Regionali non saranno la resa dei conti con Silvio Berlusconi. E continua a tenere più basse possibili le aspettative del centrosinistra: «Il nostro obiettivo è la maggioranza delle regioni in palio», ripete. Obiettivo davvero minimal, visto che si parte da uno status quo che vede undici regioni su tredici in mano alla sinistra dal 2005.
Meglio restare prudenti, però, viste le capacità di rimonta mostrate in passato da un Cavaliere dato per sconfitto: il gran presenzialismo in piazza e in tv di Berlusconi nell’ultima fase di campagna elettorale, culminato nella manifestazione di sabato a piazza San Giovanni, con tanto di giuramento corale degli aspiranti governatori, può fare la differenza in situazioni borderline. Come il Lazio, ad esempio: non a caso Emma Bonino e Marco Pannella gettano da settimane acqua gelata sulle speranze di un Pd che dopo il caso Marrazzo si era visto nel baratro, e con l’avvento della candidata radicale ha ripreso fiato. «Ricordatevi della Sardegna - suggeriscono i radicali - e di come Berlusconi è riuscito a far vincere contro ogni pronostico lo sconosciuto Cappellacci». Nonostante l’handicap della lista Pdl mancante, insomma, le speranze di Renata Polverini non sono tramontate, e le gerarchie cattoliche, con i loro sempre più pressanti anatemi anti-aborto, stanno facendo tutto quel che possono per dare una mano.
A Nord della capitale, le partite più delicate per il Pd sono quelle che si giocano in Liguria, dove si avverte qualche scricchiolio, ma soprattutto in Piemonte, unico avamposto di centrosinistra in Padania. E l’allarmata intervista concessa ieri al quotidiano La Stampa da Sergio Chiamparino fa intuire che la gara tra la governatrice Mercedes Bresso e lo sfidante leghista Roberto Cota è tutta aperta: «Con la Lega il Piemonte diventerebbe vassallo del Lombardo-Veneto», paventa il sindaco di Torino.
Il Pd spera che dopo il voto possano riaprirsi i conflitti interni al Pdl e l’antagonismo con Fini; o aprirsi nuove contraddizioni con una Lega che si espande ai danni del partito del premier. Ma i dirigenti dell’opposizione sono certi che, a meno di cataclismi non prevedibili, il premier sia destinato a restare a Palazzo Chigi fino a fine legislatura. Bersani peraltro è convinto che il Pd abbia bisogno di quel lasso di tempo per riassestarsi, creare nuovi equilibri dentro l’opposizione e costruire le condizioni per vincere nel 2013. Ieri è stato chiaro: «Lo dico brutalmente: noi abbiamo diritto di mandare a casa Berlusconi quando abbiamo pronta un’alternativa per gli italiani».
E non è ancora il momento: dalle elezioni di domenica prossima, dunque,
ci si può attendere al massimo «un incoraggiamento molto forte» alle opposizioni, Pd e Italia dei valori in testa, perché inizino «un percorso positivo» verso la costruzione di quella benedetta «alternativa» di governo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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