Cinque giorni, unora, undici minuti. Ecco quanto basta a trasformare un delinquente in un uomo libero. Un trafficante di droga che rischiava almeno dieci anni di galera in una persona libera di fuggire. In un paese, come il Montenegro, che non prevede lestradizione. Questione di cavilli. Così funziona litalica giustizia, con la «g» minuscola. Le carte processuali arrivano in ritardo, esattamente unora e 660 secondi oltre il tempo massimo . Così grazie a una burocrazia infame, lumaca e pachidermica, il balordo di turno torna uccel di bosco.
Faceva lingegnere Milovan Ujaarevic (ammesso che davvero si chiami così)-come racconta il «Secolo XIX»- a bordo di una nave da crociera della Msc. Peccato che tra uno sbarco e laltro sembra avesse come doppio lavoro quello di infilare nei quadri elettrici della «Msc Musica» qualche ricordino di troppo. Cocaina per lesattezza. Qualche mese fa lo beccarono con sessantacinque chili di cocaina a Genova mentre, appena sbarcato, stava per dirigersi a Belgrado con un aereo.
Unindagine coordinata tra diverse Procure. Linchiesta parte da Milano, passa per Genova, arriva a Venezia. Oddio quante teste, quanti atti, quante carte. Guarda un po tra comunicazioni tardive, collegamenti che chissà perché non funzionano mai, per non parlare di dimenticanze, ecco lintoppo fatale. Il cattivo Milovan finisce in manette a Genova, la polvere bianca viene sequestrata allapprodo della nave da crociera a Venezia. Sembrerebbe tutto chiaro. Cè il colpevole e cè la prova.
Tutti pronti per il processo? Macché. Ujarevic, con gran stupore sente aprirsi i chiavistelli della cella. Libero di tornare a spasso per colpa di una magistratura lumaca. Pignola, tignosa, persino nelle giustificazioni. Sono scaduti i tempi massimi per la detenzione. Il ricorso al tribunale della Libertà, per questione di minuti, si trasforma in un salvacondotto.
Cerano cinque giorni di tempo per far sì che ciò non accadesse. Ma i regolamenti sono inflessibili. E si rispettano, seppur a dispetto del buon senso. «Gli atti sono pervenuti a questo ufficio -scrivono i magistrati genovesi- alle ore 13.41 e cioè oltre il perentorio orario di chiusura della cancelleria. Lufficio chiude a mezzogiorno e mezzo proprio ai fini della più rigorosa ed effettiva applicazione». Dunque se ne riparla domani. Un domani troppo tardi.
Si finisce nel grottesco. Lorario degli sportelli locali fissato con decreto presidenziale -sottolinea il Riesame- «finisce per rendere inutile la presenza di personale in ufficio al momento della dichiarazione».
Come dire non chiamate 113 o 112 se è notte, o loperatore è andato a farsi un panino.
Poi le sviste. Allincartamento finito sul tavolo del tribunale della Libertà sembra mancasse una parte delle relazioni redatte dagli inquirenti veneti al momento del sequestro dei chili di polvere bianca.
Insomma come diceva Mike: «Tic-toc, ahi ahi signora, il tempo è scaduto».
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