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"La terza stella Michelin? Così ho realizzato il mio sogno di sempre"

Il popolare chef racconta a ilGiornale.it l'emozione della terza stella Michelin, un traguardo per pochissimi. "Così ho zittito chi diceva che pensassi solo alla tv. E adesso voglio migliorare ancora"

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Tre stelle Michelin sul petto: il massimo che uno chef può desiderare. Con quella prestigiosa decorazione, ora il grembiule di Antonino Cannavacciuolo sembra un'uniforme da re. L'ambìto riconoscimento infatti spetta solo ai migliori, ai fuoriclasse della cucina mondiale. E adesso il barbuto cuoco di Vico Equense è ufficialmente uno di essi. Dopo essere stato premiato con il suo ristorante Villa Crespi di Orta San Giulio (Novara), dall'8 novembre scorso il popolare giudice di Masterchef è nell'esclusivo Olimpo decretato dai buongustai. Sulla vetta più alta, a 16 anni dal conseguimento della seconda stella.

Chef, se lo aspettava?

È stata un'emozione fortissima. Devo essere sincero: questa stella l'aspettavo da vent'anni. Da quando iniziai a lavorare in Francia, per poi tornare a Napoli e all'hotel Quisisana a Capri. Il mio pensiero era quello, sempre. Ora che è arrivata, non la considero un punto di arrivo ma di partenza.

Ricevendola, non ha trattenuto le lacrime. A cosa pensava in quel momento?

Sicuramente pensavo a tutti quelli che sono stati accanto a me e che ancora lo saranno. Faccio parte di una squadra che dà lavoro a ragazzi molto giovani. Questo è un successo anche loro. E poi naturalmente ho pensato a mia moglie, perché stare vicino a un cuoco è molto difficile e richiede delle rinunce. Ma lei c'è stata sempre, siamo cresciuti insieme. È una stella che voglio condividere un po' con tutti, anche con i miei genitori e i miei figli.

I suoi collaboratori sono giovanissimi. Ma quindi non è vero che i ragazzi italiani sono sfaticati...

Io invidio i giovani, perché hanno una marcia in più di noi. Sento anch'io che spesso si polemizza su questo tema, ma vi assicuro che i ragazzi che lavorano con me spaccano, riescono ad apprendere velocemente e non vedono l'ora di stare ai fuochi per cucinare. Se ai giovani fornisci la fiducia e gli strumenti per fare bene, loro si daranno da fare.

Qualcuno, con un certo snobismo, diceva che ormai le piacesse solo mostrarsi in tv. E invece...

Quelle erano voci di corridoio. Gli ispettori della Guida Michelin che mi hanno attribuito la terza stella, invece, non lo hanno mai detto. Eppure nel momento in cui mi hanno premiato sapevano bene che avevano di fronte un personaggio pubblico che aveva anche fatto tv. Questo riconoscimento ha quindi zittito tante persone che mi criticavano, dicendo che ormai pensassi solo alle telecamere. Io stesso, peraltro, ho ridotto alcuni impegni televisivi e ho mantenuto Masterchef. I miei clienti sanno che non sto mai lontano dai fornelli: lasciatemi a Villa Crespi e io sono contento.

Ora però può dircelo: sull'atteso arrivo di questa stella c'era un po' di scaramanzia?

Non c'è stata nessuna scaramanzia particolare, piuttosto abbiamo sempre lavorato a testa bassa e puntato all'obiettivo. È stato un risultato raggiunto senza scorciatoie. Lo abbiamo ottenuto con lo studio e la ricerca, cercando di migliorare ogni volta quello che stavamo facendo. Credo che anche un piatto nato vent'anni possa sempre essere migliorato nella tecnica e nella sua preparazione.

Ma ci sarà pure un segreto per arrivare all'eccellenza.

Il consiglio che do sempre ai giovani è quello di visualizzarsi già realizzati. Io, ad esempio, erano anni che mi immaginavo quella scena e pensavo di salire su quel palco per ritirare il premio. Così accarezzavo il mio sogno, che finalmente è diventato realtà. Solo vedendoti già là, a conseguire un successo, puoi dare forza a quell'obiettivo.

Alcuni criticano il concetto di sovranità alimentare; ma non è giusto valorizzare i cibi e le produzioni a noi più vicine?

Io guardo prima in casa mia, il prodotto lo cerco lì. Vado dal piccolo artigiano perché la vicinanza crea l'amicizia tra il cuoco e il produttore, che è la cosa più bella. Se nasce quel feeling, ne scaturisce una doppia soddisfazione che sta anche nel vedere il cliente appagato da quel prodotto nel piatto. Noi italiani in questo siamo fortunati, i nostri prodotti sono i primi al mondo e sono tra i più copiati. Abbiamo delle eccellenze che gli altri ci invidiano, me ne accorgo parlando con i colleghi all'estero. Penso a una parmigiana di melanzane, a una colatura di alici, alla bottarga... Sono prodotti che hanno una bellezza all'interno.

Ormai anche la cucina è entrata nel dibattito sul risparmio energetico. C'è chi propone di cuocere la pasta a fuoco spento: che ne pensa?

Quando sono nato io, la pasta si buttava mentre l'acqua bolliva. E a fare diversamente non voglio provarci nemmeno. Possiamo risparmiare su tante altre cose, usare la pentola a pressione per cuocere alcuni ingredienti. Ma lasciatemi almeno questo: la pasta da sempre la si cucina così. Da piccolo, se buttavo la pasta quando l'acqua non bolliva, mio padre di dava uno schiaffone dietro alla testa. Ecco, la famosa pacca che poi ho ereditato io...

Chef, lei ora è arrivato al top. Cosa sogna, ancora?

Sicuramente di migliorare la mia proposta di cucina e il servizio che offro. C'è sempre uno sguardo alla perfezione, che poi ti permette di progredire. La terza stella è stata un traguardo importante, ma io ho ancora bisogno dei complimenti dei miei clienti e per ottenerli devo fare sempre meglio. Adesso loro vogliono da me qualcosa in più, proprio perché ho ottenuto questo riconoscimento. Perciò con tutta la squadra ci siamo già riuniti e ci siamo chiesti: come possiamo migliorare? La nostra risposta alla terza stella deve essere quella di far vivere un sogno unico a chi si accomoda alla tavola di Villa Crespi.

Un'ultima curiosità: nella sua cucina le donne si chiamano cuochi o cuoche? Ormai bisogna stare attenti a come si parla...

Cuoco o cuoca per me è uguale, perché alla fine la cucina è femminile. Le donne in cucina sono una spanna avanti, penso alla cucina della mamma e della nonna ma anche a quella di grandi cuoche professioniste che hanno fatto la storia della ristorazione italiana. Ci sono anche stellati a guida femminile e tante trattorie in cui ci sono donne che cucinano benissimo e ti regalano un abbraccio con i loro piatti. Dire cuoco o cuoca non cambia...

Io conosco una sola lingua: quella della buona cucina.

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