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"Ci prende in giro...". L'accusa (senza senso) dei palestinesi a Zara

A seguito della campagna pubblicitaria lanciata da Zara qualche giorno fa, si è accesa una forte polemica. L'accusa è quella di incitare alla guerra tra Israele e Hamas. Adesso arriva anche la risposta del brand

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Zara nell’occhio del ciclone. Il brand low-cost spagnolo è finito al centro delle polemiche a seguito di una campagna pubblicitaria che avrebbe offeso la sensibilità di molti. Il motivo? L’ultima campagna di Zara Atelier, The Jacket (che vedeva protagonista la famosa modella Kristen McMenamy), è stata accusata di incitare alla guerra tra Israele e Hamas. In particolare, infatti, gli attivisti palestinesi hanno accusato il marchio di “prendere in giro i palestinesi” vittime dei raid israeliani sulla Striscia di Gaza.

La contestazione

A scatenare la baraonda, alcuni scatti della campagna in cui si vedono modelle tra le macerie e manichini senza arti avvolti in sacchi bianchi. È per questo che gli attivisti palestinesi avevano prontamente chiesto il boicottaggio dei capi di abbigliamento del brand spagnolo.

ZARA-GAZA

Per i contestatori non c'erano dubbi e avevano definito la pubblicità: “una scena morbosa”, in quanto, a detta loro, era un modo per prendere in giro i palestinesi, morti nella Striscia di Gaza. E ancora, per loro, Zara si era servito di “simbolismo inaccettabile”. A destare fastidio proprio gli oggetti di scena utilizzati.

La risposta di Zara

Il brand non ha tardato a rispondere, spiegando che gli scatti per la campagna The Jacket erano stati realizzati prima dell’attacco sferrato da Hamas ai danni di Israele e, dunque, precedenti al triste epilogo che ne è conseguito: la guerra. La campagna, inoltre, è incentrata sulla giacca in pelle che indossa la top model, ma come anticipato, ad infiammare i social è stato lo scenario al centro della foto.

Ad ogni modo, il marchio ha comunque deciso di eliminare le immagini dai social, a distanza di poche ore dal lancio, il 7 dicembre. Così, in una nota diffusa dalla stessa casa di abbigliamento si legge: “La campagna, ideata a luglio e fotografata a settembre, presenta una serie di immagini di sculture non finite nello studio di uno scultore ed è stata creata con l'obiettivo di presentare capi di abbigliamento realizzati a mano in un contesto artistico”. E ancora, prosegue il comunicato: “Purtroppo alcuni clienti si sono sentiti offesi da queste immagini e vedevano in loro qualcosa di molto lontano da ciò che si intendeva.

Infine, il brand ha chiosato scusandosi ulteriormente per le incomprensioni suscitate e “ribadisce il suo profondo rispetto per tutti”.

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