"Decana", "rettrice", "segretaria": tutto al femminile. Delirio all'università di Trento

"Decana", "rettrice", "segretaria": tutto al femminile, anche se si tratta di uomini. Azione Universitaria contro questa follia: "L'inclusione non si ottiene così"

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Una delle tante storture del politicamente corretto è il linguaggio inclusivo. Una discussione che parte da lontano - ricordiamo tutti le sparate dell'allora presidenta Laura Boldrini - e che sta conoscendo evoluzioni esiziali per il buonsenso. L'ultimo delirio in ordine di tempo è quello registrato all'Università di Trento: con il via libera del Consiglio di amministrazione, l'ateneo ha varato il nuovo regolamento e la novità è il femminile sovraesteso per le cariche ed i riferimenti di genere. "La decana", "la rettrice", "la professoressa", "la candidata": tutto declinato al femminile, anche se le persone indicate sono uomini.

Non è una boutade purtroppo, del resto siamo nell'epoca degli asterischi e dello schwa, variazioni linguistiche incommentabili. "Un atto simbolico", l'analisi del rettore Flavio Deflorian: “Nella stesura del nuovo Regolamento abbiamo notato che accordarsi alle linee guida sul linguaggio rispettoso avrebbe appesantito molto tutto il documento. In vari passaggi infatti si sarebbe dovuto specificare i termini sia al femminile, sia al maschile. Così, per rendere tutto più fluido e per facilitare la fase di confronto interno, i nostri uffici amministrativi hanno deciso di lavorare a una bozza declinata su un unico genere. Hanno scelto quello femminile, anche per mantenere all’attenzione degli organi di governo la questione”.

Il rettore s'è detto colpito dalla lettura del documento, sentendosi escluso come uomo. Una dinamica che lo ha indotto a riflettere sulle sensazioni che possono avere le donne quotidianamente. Da qui la svolta per l'Università di Trento, destinata a diventare un punto di riferimento per gli integralisti del linguaggio inclusivo, più attenti alla singola parola che alle vere necessità, come la ceazione di un ambiente accogliente e rispettoso. Fortunatamente c'è chi dice no, parliamo di Azione Universitaria. In una nota firmata da Giulia Clara Balestrieri, l'associazione studentesca ha puntato il dito contro la retorica vuota e paternalista che suggerisce che l'inclusione nelle università sia una questione di linguaggio.

Per Azione Universitaria è necessario promuovere un ambiente universitario che sia accogliente per tutti gli individui ma senza adottare pratiche linguistiche artificiose se non eccessivamente complesse."L’uso del cosiddetto 'linguaggio femminile sovraesteso' vuole essere un tentativo di compensare decenni di discriminazione di genere, tuttavia, potrebbe avere l’effetto contrario, finendo con il far sentire esclusi alcuni ragazzi e ragazze compromettendo quindi l’obiettivo di inclusione", il j'accuse dell'associazione. Difficile sostenere il contrario.

E ancora: "Riteniamo che porre l’accento in modo così esasperato sulla diversità sia esso stesso un modo per discriminare". La toppa è peggio del buco, il rischio è che altri soloni seguano l'esempio trentino.

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