
Speriamo invece che, contro ogni modo di dire, gli esami prima o poi finiscano. Almeno quest'estate. Dopo i maturandi piagnoni adesso è il momento delle laureande lamentose.
L'altro giorno all'università di Verona una mamma di 42 anni, consigliera comunale a Povegliano Veronese e non importa sapere l'area della lista civica (centrosinistra) -, ha discusso la tesi abbracciando il figlio di cinque anni davanti alla Commissione. «Volevo lanciare il messaggio che le donne possono essere libere di lavorare, di essere mamme, di essere studentesse e di farlo senza sentirsi in colpa», ha spiegato.
Ora. Noi comprendiamo le legittime battaglie neofemministe. Ci sforziamo di capire i misteri della maternità. Condividiamo le rivendicazioni della parità tra i generi (anche se in 14 anni da docente a contratto non abbiamo mai visto un padre discutere la tesi abbracciato alla figlia). Ma capiamo un po' meno la dilagante tendenza a usare i palcoscenici pubblici per mettere in piazza i propri fatti privati.
Possibili scenari futuri. Tesi di dottorato con videoproiezione della nonna mancata tragicamente durante l'ultimo anno di studio. Esame di Stato con figlio adottivo che sta affrontando la transizione di genere.
Colloquio di lavoro con anziana mamma invalida in carrozzella.Ma poi. Domanda. 'Sto povero bambino non poteva lasciarlo ai nonni per una mattina? O al marito. Che ormai, in qualsiasi famiglia, è quello che si occupa dei figli e delle faccende di casa?